sabato 28 giugno 2025

Animali, custodi di storie e altro

Sono passati molti mesi dall'ultima volta che ho scritto sull'Orso Polare.
Posso dire che sono stati mesi di lavoro, vita e lutti familiari, comprensione e dispersione, progetti, viaggi.
Ho portato avanti gli incontri di òikos e i laboratori online, di cui do sempre notizia sul mio instagram:


Ho insegnato i miei corsi agli studenti americani in un semestre tanto bello quanto impegnativo.
Ho preferito, nei momenti liberi, dedicarmi alla scrittura privata sui quaderni, una pratica, iniziata nell'infanzia e mai interrotta, che trovo salutare oltre che intima. Sembra di incontrare una vecchia amica scrivendo a penna, o le molte esistenze che sono stata. 
Mi piace che Ariel e Runa siano con me quando scrivo, specialmente se è primavera o estate e sono al tavolo dell'orto.
Poi come tante altre persone ho trascorso giornate attaccata ai social e all'orrore dell'ecocidio in atto in Palestina, chiedendomi cosa potessi fare e ripetendomi che sì, lo sapevo, che questo è il tramonto dell'umano, ma non credevo arrivasse così. Non lo credo ancora del tutto, confido in una reazione collettiva e già ci sono i semi, ovunque, già tante persone umane dimostrano di non essere come un certo potere sistematico ci dipinge. 
Ho manifestato, ho esposto le bandiere fuori casa, ho partecipato alla realizzazione di veglie per Gaza, ancora in corso nelle Case del Popolo di Pistoia (la prossima sarà il 2 luglio, al Circolo delle Fornaci, il mio circolo di una vita).
Ho respirato e amato.
E ho scritto e pubblicato questo, infine:



Il libro è uscito ufficialmente ieri, 27 giugno, mentre su L'indiscreto si può leggerne un estratto:



Penso che questo libro la mia etica. Per questo ho temuto tanto nello scriverlo, ho faticato, mi sono dovuta fare molte più domande del solito. Ma ora esiste e mi sento in qualche modo più libera per averlo creato - anzi, per essere stata l'ultimo tratto di una lunga via cooperativa, fatta di incontri, luoghi, sguardi, fallimenti, letture, perdite, piume e code e acque dolci e salate, che ha condotto qui. 

Mi attendono altri viaggi e incontri, già domani sarò al Festival del Bosco in Lucchesia, un piccolo e preziosissimo evento giunto alla sua terza edizione e sono lieta di aver contribuito ogni anno.
Poi Milano, Firenze, il mio bosco e il bivacco e ancora...

Oggi, un attimo di tregua.
Siamo saliti al bivacco e c'era il nostro amico gatto, che ormai ha preso dimora lì. Si avvicina sempre di più e non solo per il cibo. Con le dovute cautele, è interessato alla nostra presenza e compagnia.


Eccolo, fra l'acquaio e la cisterna, che mi osserva mentre siedo al tavolino di pietra, ricavato da una vecchia macina di mulino.
Il 6 luglio, domenica prossima, apriremo il bivacco proprio per il mio libro, ma anche per un meraviglioso esperimento sonoro e laboratoriale condotto da Giulio/tundra e Pietro Michi.


Intanto, oggi, leggevo poesie da un libro intensissimo e perfino spaventoso per il grado di realtà e poesia che raggiunge. Non è la fine del mondo, pubblicato per Mar dei Sargassi Edizioni. Lo ha scritto Maddalena Lotter, portandoci dentro un futuro non così remoto, in cui la crisi climatica sarà ormai avvenuta e sepolta, la specie umana trasformata se non estinta, l'archeologia avrà un respiro spaziale. 
Ma come scrive Maddalena, è questa la terra che possiamo amare, è questa la terra che in una follia sempre più incomprensibile, stiamo distruggendo. 
L'ottusità di molti umani è uno strano contraltare alla solennità di altri animali che osservano e conservano saperi che noi dimentichiamo, mentre bruciamo tutto.



Copio la poesia su cui mi sono fermata, perché restituisce una delle mie ansie profonde. Non si tratta infatti solo della "mia" vita, ma di questa vita, di come la sento e dovremmo sentirla tutti, intessuta negli angoli del pianeta che riesco ad abitare, che mi ospitano o che mi sognano e io sogno a mia volta.

Qualcuno investe miliardi
in un'illusione di civiltà
interplanetaria

che è economicamente 
affascinante ma
fisicamente impossibile.

L'unico posto per noi
era questo
come è evidente

data la perfezione di un'atmosfera gentile
e l'acqua liquida e il suolo fecondo
che diedero la vita così com'è:
grande foresta accogliente

e loro ribatteranno
che anche in altri mondi c'è vita
certo che c'è
ma è un'altra.

Fa uno strano effetto leggerla nel bosco, dove soffia un'aria leggera mentre in città, perfino nella mia periferia, il sole è implacabile; dove si sentono chiaramente gli uccelli canori e dove le foglie sono una coperta che prende fiato fra noi e il cielo.
Dove le cose che costruiamo hanno una loro gentilezza, una grazia non invasiva. Si può credere che ci sia ancora un sentiero che non sappiamo vedere, che si mostrerà presto nella sua percorribilità.



Lasciamo la porta della Biblioteca del Ghiro aperta, come una promessa di fusione e ibridazione fra le storie dei libri e la saggezza degli alberi. 
Dal bivacco, dalla casa, dai gatti, è tutto. 





domenica 29 dicembre 2024

La televisione di Natale

 


Molti dei miei ricordi infantili del periodo delle feste natalizie sono legati alla programmazione televisiva. La tv diventava una finestra su un mondo di fiabe, regalandomi alcune magie che sarebbero durate nel tempo e spingendomi poi a cercare i libri, le storie, i fumetti originali.

Oggi, grazie a youtube, molti di questi cartoni animati sono interamente disponibili per un'immersione nelle feste del passato, nelle nevi senza tempo e in alcuni piccoli capolavori.

Ne segnalo alcuni scoperti in momenti diversi e per me sempre bellissimi.

Il flauto a sei puffi - ovvero l'esordio dei Puffi in tv, ben prima della serie a cartoni animati, e anche la prima comparsa degli esserini blu nei fumetti di Peyo dedicati a John e Solfamì, ambientati in un medioevo immaginifico e incantato. Peyo ne è ideatore e regista. 

Lo vidi proprio a dicembre, nei primi anni Ottanta:

https://www.youtube.com/watch?v=B9Nnr2mGt7s

e mi raccomando imparate la canzone per la Festa della Luna!


Può darsi che questo lo abbia già consigliato, vale sempre la pena ripetere. Un'autentica perla dell'animazione russa, La regina delle nevi di Lev Atamanov, anno 1957, ispirata alla più complessa, invernale e sognante delle fiabe di H.C. Andersen:

https://www.youtube.com/watch?v=gyhMFEMYdrs&t=1777s

Della fiaba, una delle mie fisse e la storia che ho senz'altro raccontato di più ai bambini, scrissi molti anni fa su Nazione Indiana, in due parti, parlando anche di molte altre cose, come i pupazzi di neve:

https://www.nazioneindiana.com/2014/12/08/la-regina-della-neve-seconda-parte/

Grazie al canale di Ilaria Orioli è possibile rivedere le versioni animate di varie fiabe slave, nella raccolta antologica Storie della mia infanzia, che fu trasmessa in tv negli anni Novanta.

Qui il link:

https://www.youtube.com/@Simsina45/videos

Questa è in inglese: la playlist natalizia dei Peanuts:

https://www.youtube.com/watch?v=bPhqMJpQsYQ&list=PL154B723E4A71D0B6

E per concludere i commoventi e poetici film dai libri muti di Raymond Briggs, fra cui su tutti, The Snowman, Il pupazzo di neve:

https://www.youtube.com/watch?v=5A3THighARU

Babbo Natale:

https://www.youtube.com/watch?v=YFa7zxX3KlQ

E The Bear (L'orso):

https://www.youtube.com/watch?v=5IoNnQtaViU

Restando in tema, ma spostandoci sui folletti, per chi vuole, rilancio questo mio scritto del 2011 sul Folletto di Natale:

https://www.nazioneindiana.com/2011/12/30/i-folletti-il-natale-e-la-poesia/

Buone letture, buone visioni e buona Fine dell'Anno!



lunedì 9 dicembre 2024

Letture, suoni e voci nella crisi globale



Il freddo è infine arrivato. 
Questo post vuole essere una lista-mappa di ascolti e letture dell'ultimo mese, con podcast, articoli e blog, che in qualche modo mi aiutano (e spero sia così per voi) a tenere aperta la mente e l'immaginazione, mentre resto ben radicata nella crisi globale che stiamo vivendo. Le fotografie invece vengono da un posto speciale nei boschi e sono state scattate a ottobre. Una biblioteca dei ghiri dove salvare libri di ogni tipo (molti illustrati, molti sulle questioni ecologiche). Ci siamo tornati ieri per una breve visita e il recupero di alcune casette di api: nel vento gelido e umido, nonostante tutto dentro le mura di legno si stava bene. 

Ecco qui, la lista divisa per argomenti: molti link sono in inglese, ma spero che non sia un problema.

PALESTINA


Su Publishers for Palestine questo chapbook digitale And still We Write. Fate una donazione e scaricatelo, ne vale la pena.


CRISI CLIMATICA E POLITICA

Subito dopo le infauste elezioni americane fra i consigli su Substack mi è arrivato il blog di Margaret Killjoy, con un post che da allora ho riletto e condiviso molte volte. Margaret Killjoy è una scrittrice di sci-fi, un'anarchica e attivista, una musicista, una podcaster e molte altre cose bellissime. Le sue parole sono puro radicamento e anche un gran sollievo per chi teme di essere la sola a occhi aperti dentro il precipizio. Ecco un po' di cose:

Il post di cui sopra: The Sky is Falling We've Got This


Il collettivo anarchico: Strangers in a Tangled Wood

Aggiungo il podcast di Adrienne Maree Brown: How to Survive the End of the World


MUSICA E SUONI RESISTENTI

La newsletter di Samantha Colombo, Dispacci musicali


PSICHEDELIA E TERAPIE PER IL MONDO

Un articolo molto bello scritto da Federico di Vita per Lucy - sulla cultura su LSD e trattamenti psico-oncologici

Naturalmente il podcast Illuminismo Psichedelico sempre curato da Federico Di Vita


ANIMALI

I diari del lupo su Fango Radio a cura di Andrea Cassini




Per ora è tutto, buoni ascolti e buone letture!

mercoledì 7 agosto 2024

Animali, spiriti dei luoghi, incontri

Ontano presso il Teign

Possono trascorrere molti mesi fra un mio post e l'altro, ma prima o poi faccio ritorno a questo mio strampalato diario, mentre quello cartaceo è un appuntamento fisso, un rito salvavita. 

A luglio sono stata sulla costa del Northumberland per vedere le Isole Farne e le colonie di foche, pulcinelle di mare, sterne artiche, cormorani e poi a sud ovest con la mia tenda, per vagabondare lungo il fiume Teign nel Dartmoor. 

scrittura nel capanno

Sono salita su a Torri qualche giorno fa per scrivere e per il calendario di incontri che vedete qui sotto, organizzato insieme alle mie sorelle. 




Per il primo incontro con l'artista e amico Rocco Lombardi e la mostra ispirata al suo bellissimo libro MIRA, ho scritto queste parole che mi giravano in testa da un po'. Le riporto qui:

La terra è un concerto di impronte.
Emergi.
Dentro di te c'è un seme a forma di animale.
Ti chiede di dimenticare la lingua e ascoltare.
Guarda con tutti i tuoi sensi. 
I sogni frusciano come le nuove foglie.
Abita i confini.
Stendi il tuo corpo lucente fra le rocce del tempo. Annusa.
L'odore è una tana per i nuovi nati.
Genera l'umano dal felino. Tienilo fra le zampe. La sua nudità è preziosa. 
Osserva la terra con le mani. Toccane i musi, i respiri.
Cammina nel crescere degli alberi. 
La foresta scuote nel vento il tuo mondo interiore. 
Esplora. Cavo di albero di castagno. 
Rami che sono grandi corna di stagioni dimenticate.
Diventa l'acqua che avvolge. Danza. Chi è con te?
Chi parla la tua vita?
Selvatico e domestico sono due forme di liberazione. 
Parentele. Lune che si avvicinano. 
Accogli il gatto, il cervo, la pantera che leccano le tue dita. 
Ogni casa è apertura. 
Un tempo la valle echeggiava di futuro e tornavano le infanzie. 

Mira di Rocco Lombardi



mercoledì 1 maggio 2024

Primavera e pioggia

 


In ritardo, mentre fuori maggio inizia piovoso, aggiorno il blog con le scritture e le pubblicazioni di questi ultimi mesi. 
Si inizia con la riedizione, rivista e completamente aggiornata, de Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell'epoca moderna, uscito per effequ con una copertina strepitosa! Ci sono anche le shopper... e presto vorrei fare il set di adesivi per il mio mercatino. 
Sono tornata a parlare di streghe e corpi e questo mi rende molto felice. Le streghe sono presenti anche nel racconto che ho dedicato all'Arcano della Luna nell'antologia sui tarocchi: Cloris, di cui esce domani il secondo volume. 


Il racconto non a caso si intitola "Stregoneria", ci sono tre streghe, figlia, madre, nonna e se a chi mi conosce questo suona familiare, beh, ha ragione. Progetto collettivo curato da Vargas per Pidgin edizioni, che mi mette insieme a una bella compagnia.
Streghe, magie e poesia - ho ripreso a scriverne dalla fine dell'anno scorso sia per il progetto di antologia Incantamenti, che ho curato per Vydia insieme a Cristina Babino e Laura Di Corcia, sia per mia necessità. 


Dentro Incantamenti ci sono venti voci di poete, tutte accomunate dall'atto incantatorio dello scrivere poesia. Pochi giorni fa è uscito il nuovo numero di K, la rivista de L'Inkiesta curata da Nadia Terranova. Il tema è il Potere. Nella sezione poesia a cura di Sara De Simone ci sono anche io, con altre poesie nuove e stregonesche, perché il potere a volte se ne va dall'umano, cerca altre ibridazioni, e perfino dal suo margine maledice, si affranca, distoglie lo sguardo saturo di un certo paesaggio. 

Sono come sempre in giro e ho trascorso quattro bei giorni fra Milano e Torino nel mese di aprile dove mi sono un po' riossigenata, parlando di femminismi, corpi, streghe, leggendo poesia sempre in splendida compagnia. 

Sto aggiornando le mie letture e i miei spostamenti molto più su instagram che qui, ma ogni tanto ritorno sull'orso. 

Domani riparto, a Bologna per la poesia. 

Intanto mi affido alle letture della sera con i gatti e la pioggia sui vetri. 





domenica 11 febbraio 2024

Passeggiata invernale

 


Oggi sono uscita per una breve paseggiata lungo il torrente, prima di rimettermi al lavoro. Le domeniche d'inverno sono una buona occasione per caminare nel quartiere: poca gente, poche auto, il silenzio dei luoghi condivisi. Speravo di incontrare il vecchio amico airone che frequenta il torrente Brana in quel tratto, ma l'acqua era gonfia e scura e non sembrava proprio il miglior momento per la sua caccia. Nemmeno la garzetta era in giro. C'è un gruppo di case che frequentavo da bambina, perché ci abitavano alcuni compagni delle elementari. Passo di qui e mi ricordo dei giochi lungo l'argine, un gruppo di bambine e un unico maschio che, ovviamente, aveva il ruolo del guastafeste - era quello che gettava il pallone Super Tele nell'acqua e poi doveva andare a riprenderlo con noi che urlavamo: "Attento ai ratti!", più sarcastiche che preoccupate. 



Attraverso per raggiungere il giardinetto dall'altra parte. Ci sono alcuni giochi apparsi negli ultimi anni e il vechio cerchio-labirinto di sempre. Capito spesso qui, di solito con la bici mentre torno dala stazione. Non c'è nessuno e raggiungo le panchine e il tavolo di pietra.
 

Ci siamo io e i cinguettii con cui gli uccelli si chiamano fra i rami. Penso alle molte passeggiate solitarie in cerca o ascolto di voci che provengono dal passato e riverberano in tutte le esistenze che non riesco a scorgere, ma si muovono attorno a me. L'umano non è l'unico personaggio nelle storie e nei paesaggi. E alcuni luoghi sono un conforto perché ci riportano esperienze e perfino oggetti che abbiamo conosciuto in altri momenti del nostro esserci. Questo ritornare alla nostra storia è una continua fonte di meraviglia, mentre si perde e si ricompone nell'altro. 


Ho con me un libro di Anne Carson, Decreazione, che avevo letto nell'originale, molti anni fa, e che ora grazie all'editore Utopia esiste anche in italiano, nela traduzione di Patrizia Ceccagnoli. Da questo stesso libro erano stati pubblicati alcuni testi poetici nella traduzione del poeta Gian Maria Annovi, QUI. Anne Carson mescola parola poetica e saggistica, le alterna sapientemente, costruendo una riflessione sulla scrittura che apre a molteplici linguaggi, mentre, almeno in questo libro, persegue uno sparire, un decrearsi - essere testimonianza di un'assenza come fosse il centro di ogni ricerca. 




Trovo e mi sento a casa:

Alla ricerca di cose sublimi, ho caminato sulle grandi colline di fango e di vento
dietro la città dove gli alberi insorgono secondo le loro leggi e 

si possono

osservare innumerevoli metodi per spostare il verde - 
sotto, sopra, intorno, di traverso,
su per la schiena, più in alto, a ventaglio, condensato, saccheggiato, 
con lo sguardo vuoto, come

misurando con i propri passi una 

cella, come una discarica di grandi oggetti, minutamente,
asorto, una foglia alla volta,
con la furia dell'oceano, striato di ortica, trascinandosi avanti,
non falciato, appena uscito dalle pozze

Mi rimetto in movimento e so già che arrivando nella strada dove abito, lo stesso quartiere dove sono cresciuta, incontrerò qualcuno ad attendermi.




Entriamo. La bici, i poster e, dietro la porta, Runa ci aspettano. 
Si fa sera.










martedì 30 gennaio 2024

Essere grata

 Grazie a un post instagram delle Edizioni Black Coffee, scopro ieri che il 24 gennaio è morto Navarre Scott Momaday, lo scrittore Kiowa che ha ispirato il nostro festival nella Valle delle Buri, Custodi della terra, svoltosi nell'ottobre scorso. 



Con Custode della terra, libro poetico di frammenti e visioni sul paesaggio americano, abbiamo lavorato insieme, varie persone dei paesi, scrivendo in poesia e prosa a partire dalle riflessioni e dai racconti di Momaday. Abbiamo condiviso l'essere parte di un luogo, perché ci siamo nati o perché lì ci siamo riconosciuti. 

La morte di Momaday risuona nel lungo momento in cui abito, dove il dolore, il lutto, la perdita fanno male eppure chiedono soprattutto di imparare la gratitudine. Dovremmo dire grazie alla morte, anche quando ci spezza, quando arriva inattesa. E' difficile, sembra un paradosso. Viviamo spaventati dalla morte o nella sua rimozione, cercando di stare lontano dall'ombra, dalla profondità, dalla piccolezza che troveremo in fondo al pozzo del nostro essere. Eppure la morte in sé non ha niente di orrendo. E' il ritmo che ci scandisce, è ciò che permette di esserci amati e continuare a farlo nelle forme invisibili, ma concrete, della memoria. 

la conclusione del festival

Non sono grata per la morte dei miei affetti, del babbo, di Momaday che ho sentito come un parente prossimo grazie al miracolo della scrittura, dove siamo sempre restituite a noi stesse, dove scopriamo cose che non sapevamo eppure erano parte di noi - erano noi. Sono al contrario ancora in lotta e dentro una tristezza solitaria, incomunicabile che ridisegna tutta la mia vita. Ma sono grata ai doni che mi hanno fatto coloro che amo quando erano vivi. Sono grata alla possibilità di abbracciarli ancora nel mio corpo, nella mia persona. Sono grata al vento, ai sogni che a volte li riportano qui.

Ho scelto questa poesia di Momaday, traducendola, un testo dove l'autore incontra un animale nel sogno, cosa che capita spesso anche a me, lasciandomi in una sorta di incantesimo che dura nel giorno.


The Snow Mare


In my dream, a blue mare loping,

Pewter on a porcelain field, away.

There are bursts of soft commotion

Where her hooves drive in the drifts,

And as dusk ebbs on the plane of night,

She shears the web of winter,

And on the far, blind side

She is no more. I behold nothing,

Wherein the mare dissolves in memory,

Beyond the burden of being.


***

 

La giumenta di neve

 

Nel mio sogno una giumenta azzurra galoppa,

peltro su un campo di porcellana, via.

Piccoli tumulti esplodono

dove i suoi zoccoli affondano nei cumuli,

e mentre il crepuscolo declina nella pianura della notte,

lei taglia la rete dell’inverno,

e laggiù sul lato cieco,

sparisce. Non vedo più niente,

dove la giumenta si dissolve in ricordo,

oltre il peso dell’essere. 


Nel pomeriggio, a casa, contemplo un po' delle cose che mi hanno accompagnato in questi ultimi giorni, metto su un disco, coccolo i gatti, prendo qualche appunto per il prossimo incontro di òikos, la rassegna a cadenza mensile che ospito a casa mia (e non solo) ogni mese. 

Raccolgo i libri di Andrea Cassini che danno voce al senso della fine in un viaggio fantastico, catartico, verso la soglia o le soglie molteplici del tempo e dello spazio, nella sapienza di ibridi, fantasmi, streghe. Oppure dimenticano l'umano, per concepire un bosco grande quanto un'impronta, dove si ascoltano i linguaggi di tassi, gatti, cervi, uccelli dorati, orsi e di lupi. Creature, persone, che non uccidono se non necessario, come se portassero senza vergogna e paura la consapevolezza istintiva di tutte le fragilità che ci tengono al mondo. 



Mi fa compagnia un nuovo Mio Mini Pony, regalo di Maria Gaia Belli, cara amica scrittrice, evocatrice di draghi,  che mi ha ospitato a Torino la settimana scorsa per una presentazione alla libreria Trouvaille - bottega del fantastico tenuta con cura e amore da Novella, la sua libraia. E protetta da un autentico samovar,  nel retro!


Sono grata per l'amicizia che nasce attraverso le storie, le terre immaginarie dove comprendiamo il nostro sopravvivere, incontrarci, ritornare. 

Sono grata per questi due qui sotto, nella foto, che sanno essere autentiche pesti, ma riscaldano la solitudine. Dall'orso polare e dalla fine di gennaio è tutto. Splendete, anche se quanto ci resta è un sogno azzurro che presto diventa nebbia e stupore, prima del risveglio. 



giovedì 28 dicembre 2023

Fine dell'anno. Un po' di cose

 


Siamo agli ultimi giorni di un anno difficile, pieno di conflitti, ottuso. Eppure perfino un anno per cui essere grata per ogni cosa che riesco a tenere nello sguardo un po' più a lungo, anche se viene nel dolore e nella paura. Dovremmo imparare la gratitudine per ciò che ci sconvolge. Non dirò che sia un'opportunità - ne faremmo e ne farei volentieri a meno, ma è così, ogni cosa brilla nella sua fine, nel suo ineluttabile decadere. Dire: sono grata perché la morte esiste, non significa essere lieta di accoglierla, ma non voltarsi davanti a tutto il suo portato di sensi di colpa, smarrimento, tristezza per coloro che restano. Se non riesco a fare spazio per questo non posso amare e non c'è altro che valga di essere appreso come l'amore. Si apprende con una resa, perché non ha niente di vittorioso in sé. 

Ho copiato e appeso fuori dal mio cancello questa poesia sotto le luci di Natale, scritta da un autore palestinese ucciso il 7 dicembre nella guerra orribile che sta massacrando la gente di Gaza.


Se dovessi morire,

tu devi vivere

per raccontare

la mia storia

per vendere le mie cose

per comprare un po’ di carta

e qualche filo,

per farne un aquilone

(fallo bianco con una lunga coda)

cosicché un bambino,

da qualche parte a Gaza,

guardando il cielo

negli occhi

in attesa di suo padre che

se ne andò in una fiamma

senza dare l’addio a nessuno

nemmeno alla sua stessa carne

nemmeno a sé stesso

veda l’aquilone, il mio

aquilone che tu hai fatto,

volare là sopra

e pensi per un momento

che un angelo sia lì

a riportare amore.

Se dovessi morire,

fa che porti speranza

fa che sia una storia

 

Refaat Alareer, poeta, professore di letteratura

23 settembre 1979, Shejaiya –7 dicembre 2023, Striscia di Gaza


Non è molto. Ma è qualcosa. Tenere viva la testimonianza, la poesia, perché nelle storie ci avviciniamo, azzeriamo spazio e distanza.



Sono stata nel bosco per la vigilia di Natale e sento il bisogno di tornarci, cosa che avverrà molto presto. Ho bisogno di quel silenzio, della foschia che viene con la sera, del perdermi guardando in alto tra i rami nudi. Intanto in questi giorni ho finalmente abitato di nuovo un altro tipo di "bosco", quello da dove affiorano le voci della mia poesia che mi permettono di scrivere. Tornare a scrivere è la mia forma più autentica di magia ed è bello farlo mentre nella stanza accanto i miei compagni di vita e di avventura si proteggono l'un l'altra.



Chiudo questo semplice post con alcune segnalazioni.

Su L'indiscreto sono usciti i consigli di lettura invernali, fra cui i miei che riguardano tre opere scritte da donne, poesia, saggio, romanzo. Si possono leggere qui:


https://www.indiscreto.org/i-consigli-di-lettura-per-natale-del-2023/


La poetessa e amica Laura Di Corcia racconta della magia delle candele in questo prezioso podcast della radio svizzera, ve lo segnalo, mentre abbassate le luci elettriche e lasciate brillare la fiamma:


https://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/alphaville-le-serie/Come-un-omino-di-Pan-di-zenzero-4.10--2023411.html


E infine una playlist di canzoni ascoltate molto di frequente in questo periodo, qui:


https://open.spotify.com/playlist/35S2MNsBpbzBHN8VzHSl3k?si=8c546f2c74fb41fb


Buon ritorno della luce a tutte e tutti e che sia forte e duraturo.


sabato 23 dicembre 2023

Vecchie poesie

Baba Jaga di Rima Staines
 

Ogni tanto riappaiono dal computer vecchie poesie, magari le prime a essere state antologizzate, come quelle che seguono. Era il 2001, ed entravo nell'antologia Nodo Sottile 2, un progetto a cura dell'Archivio Giovani Artisti di Firenze, grazie al quale ho potuto cominciare un vero e proprio confronto con il mondo della poesia e con coloro che, come me, ne scrivevano e ne leggevano.

Non tutti hanno proseguito, ma certo in quel gruppo di persone ho trovato alcuni degli amici, poeti, scrittori più cari negli anni e nella Firenze che tanto mi ha aiutato al principio, come Marco Simonelli, poeta con cui abbiamo passato notti insonni a leggere testi di chiunque, da poeti noti a compagni temporanei di viaggio, e Tommaso Lisa, che dalla poesia si è spostato a una saggistica ibrida ed entomologica.


Allora entrai nell'antologia, curata da Vittorio Biagini e Andrea Sirotti, con una supervisione di Daniele Ciullini, colui che letteralmente era l'Archivio, con testi che ora sento come un preludio, piccoli semi di quanto avrei scritto. Contemporaneamente frequentavo l'ambiente della bellissima rivista di poesia comparata Semicerchio, dove nel 2004 fu pubblicato questo mio Trittico dell'acqua, le cui figure femminili oscillano fra il mito, il fiabesco e la realtà.

Ecco i testi del Nodo.


Il Bardo Chenoncè

 

È tutta un’invenzione –

la fata il calderone e l’asino che vola,

l’ombra che se ne va per conto suo a vendere cerini a un nano,

lo gnomo la piscialletto e il bacio del mattino,

la sabbia dentro gli occhi e il buon sabbiolino,

la casa dentro a un fiore, il palazzo in una quercia e l’elfo

portinaio orecchieapunta,

il basilisco, il gremlin, dioniso and the devil – il satiro e la ninfa,

la morrigan e morgana,

vecchio coyote che sparge tutte le stelle in cielo,

ymir fatto a pezzi, pan e pollicino,

la tigre sull’armadio, la strega ed il tricorno,

pegaso grifone drago ed unicorno,

il buco dentro al cielo per guardare la terra,

briciole di francesco ai passerotti, iside cibele l’imperatore,

il jugglernout, atlantide ed il gatto mammone,

la mandragola, l’alchimista, ganesh e le braccia di

kali, l’osso di lepre, la chiave in fondo al lago, buettino e l’orco,

la grotta del vento –

                                 anch’io del resto m’invento –

                                                          non esisto




SOTTOSUOLO

 

La ragazza ha occhi color delle vene.

Due lividi rancorosi le gracchiano in viso.

Piega gambe e braccia come stecche d’ombrello.

La ragazza si tiene con spilli e piume di colla.

Fuori spiove dal tetto. Uccelli cadono.

Ricorda come arrugginiva l’aria la carta inchiostrata sui muri a strappi

ratti scodati le unghie sporche sulle corde fuggenti arpeggi monete gocce

tac-tac di passi cosce      le ore inghiottite    

la folla elettrica.

Tossici sulle piastrelle unte le cacciavano un cactus in gola

Una mano accucciata ossessiva sbiadiva

tra gomma di scarpe e bucce di mela.

I vecchi maleodoranti parlavano soli –

lingue flosce penzolavano al fondo

la pelle ispessita dall’ombra.

Un organismo umido di scale e raccordi.

Curve formicolanti trecce di musica   - la musica la isolava da tutto – 

banchine corpi distributori sentore di mondo putrefatto.

I treni sgusciavano in buchi e caverne - nel vetro netto il riflesso nero

l’albume compatto del neon – Lei sedeva definita in oggetti il biglietto la borsa

il respiro rauco del ferro all’esterno Si negava solida all’aprirsi dei bocci.

Più sotto la consistenza dell’acqua.

 

Il futuro è una rosa di ragni.

 


***

 

Una pioggia di gesso scolora le porte

a scrosci tralicci solleva melma

a ricci picchietta sull’occhio e la testa

la mia testa pendente lastra annerente

di cera e metallo un enigma rotondo

- il viso dietro al viso che non scorgo – 

la mia testa di terra

mani piedi membra stomaco seno pube

aria dura in frantumi di terra

la testa molle mulinella affastella

disarmonico suono di gente

memoria di foglia

 

Mi sveglio a uno sciame di sogni

La baba-jaga gamba secca

sgranocchia e crocchia nella casetta

Sputa l’uomo nocciolo

pianta il bimbo seme

il bimbo albero il bimbo bosco

e cresce cresce scricchia frinisce

 

di rami un’orda nel cervello spento

mentre addento fiotti di gas

 


***

 

La vita è umida

i topi nel rigagnolo mestano la saliva di Crono

La vita è umida compressa in un occhio

dal cappotto frusto una pietra

per urtare il fondo

La vita è mossa salina

                                   gronda

da zoccolo di mezzanotte

come l’oceano affossa i suoi mostri

Nella parete delle labbra aderente

spande gli umori 

                           liscia dura

Scandita in onde interrotte s’incrosta lenta

uscendo come Giona dai miasmi della bestia

La vita è umida     goccia

   e non voletemene se oggi

     rifluirò millenario nel petto cavo

sarò Dio anch’io

        andandomene

                              dal buco ossidato della vasca