lunedì 20 aprile 2020

Giorno di pioggia: luoghi dal tempo sognato

Santomoro, Chiesa di San Silvestro, oggi dalla mia finestra

La pioggia mi riporta sempre a una dimensione intima, dove ciò che di solito sta nascosto può fluire tranquillo, senza paura. Dovrebbe esserci una stagione apposita per lei, la stagione della pioggia, che si ripete attraverso i mesi e fa il cielo vicino. Scatto la solita fotografia dalla finestra, verso la chiesa di San Silvestro e là dietro la Bure che si addentra nella boscaglia. 

Penso ai sogni della notte prima e a quelli di molte altre notti, dove mi trovo in luoghi di fatto totalmente estranei nella veglia, ma familiari nel sogno, che ripetono nomi a me cari - Appennino, Maremma, regioni dell'Artico europeo, scogliere britanniche o irlandesi. Continuando a rientrare in questi sogni è come se fossi uno di quegli spiriti di cui Yeats scrive in Una Visione, che non riescono ancora a staccarsi dalle cose terrene e sognano indietro. 

Nel SOGNARE INDIETRO lo spirito è costretto a rivivere di continuo gli eventi che più lo avevano commosso; non può esserci niente di nuovo, ma i vecchi eventi spiccano in una luce che è fioca o vivida secondo l'intensità della passione che li aveva accompagnati.

Ai miei sogni si accompagnano parole precise:

protezione
disarmo
sorellanza
nord
spirito
animale
luogo

perché nei sogni tornano animali che sono persone, che erano qualcosa d'altro nella vita giornaliera e di solito mi conducono o si trovano in luoghi impervi che dovrebbero spaventarmi, come scogliere ripide sul mare e solo una striscia piana fra le rocce su cui tenermi in equilibrio, ma invece mi proteggono: arriva sempre una madre o una sorella a mostrarmene un lato sconosciuto. Quelle scogliere, quei monti mi disarmano e solo così io posso appartenere a loro oltre i sogni e la veglia. Il cinghiale mi viene incontro, ma non mi aggredisce. Le gru che danzano sono persone di luce. Il mio caro vecchio lupo malmesso mi annusa con timore. I gatti mi osservano, mai troppo distanti, su quel confine che unisce i mondi.

Nei sogni io ho memoria. Mi ricordo dei segreti, della lingua inventata con cui comunichiamo davvero con tutte le persone piccole dentro di noi: la nostra infanzia, il futuro, le creature nascoste negli anfratti, fra i libri, nelle soffitte o nei vecchi cantieri, nel nord o nei deserti color carminio. Persone della nostra immaginazione che provocano inquietudine solo all'inizio - poi stupore, familiarità. Sei piccola, mi dicono. Come i popoli che spariscono. Come quei lapponi di cui hai scritto nelle poesie, trasformando un popolo reale nel vagheggiamento di una bambina di sette anni e poi restituendoli all'Artico.  Sei disarmata. E chi è disarmato ha un potere che la maggioranza non vede: accetta di stare nell'ombra. Sa che il più grande dei pericoli è ignorare che il disarmo è una condizione globale. Chi si disarma diviene custode del tempo sognato e quel tempo è un luogo, il buon luogo dell'utopia. Il luogo dove ci si mette in ascolto delle migrazioni degli alberi attraverso le radici, gli smottamenti del terreno, le avventure aeree dei rami. Il luogo dove le strade si svuotano e le mura proiettano fantasmi. Penso a questo tempo-luogo che tiene le mie poesie quando funzionano come incantesimi non per mutare il mondo, ma per vederlo. Impararne le mappe.


Visby, dicembre 2019, Baltico all'imbrunire

Penso che mi mancano i luoghi in questa pandemia, più che le persone. Mi manca anche solo pensare di poter viaggiare liberamente verso nord, di andare nel Dartmoor, di recarmi a Torri nel mio Appennino Pistoiese e far visita a quei faggi che so io, o di perdermi un'altra volta ancora nei colli marchigiani o di camminare sul litorale maremmano. Mi manca non fare nulla per pomeriggi domenicali, a giro per Londra, in una certa libreria di Kentish Town o seduta con la musica nelle orecchie presso il Cafè di Brockwell Park. Mi manca perfino il sudicio dell'Arno sotto il ponte di Santa Trinita. Ma nessuno di questi luoghi mi manca quando sogno e tornano uno. E, per strano che sembri, non mi mancano nemmeno quando vado a trovare il torrente della Bure e parliamo, qua dove abito. Lei mi consola e mi sembra sempre che sappia di tutti i miei posti. 

Forse quando la pandemia finirà andrò a nord e a est. Dove volevo viaggiare quest'estate, nel verde dell'Altai. Sognerò ancora più forte e camminerò più lenta. 

Nessun commento:

Posta un commento