Il rumore forte dell'acqua di cascata permette molte cose, come parlare ad alta voce, per esempio, sentendosi in perfetta solitudine.
Il giorno seguente, dopo una bella colazione inglese vegetariana, praticamente il pasto quotidiano, sono andata a Minions, camminando lungo la strada per qualche miglio, incontrando pecore e mucche al pascolo, mentre mi avvicinavo al sito megalitico, alla struttura semi-deserta del Visitor Centre e al Cheesewring Tor.
Un po' di pioggia e poi il vento che aumenta quando si sale sulla collina, si lascia il verde della brughiera per il granito, ci si ricorda che questa era tutta una miniera e che il lavoro della natura è indissolubilmente legato a quello dell'umano nella costruzione del paesaggio. C'è ancora l'entrata dell'abitazione di Daniel Grumb, che venne qui a vivere per non pagare le tasse.
E poi c'è il Tor, in alto, anzi molti Tor, bastioni di vento e roccia, il mio mondo elfico che emerge e mi dice che è vero. Mi siedo qui, come ho fatto tante volte quando viaggio per queste terre, a mangiare una mela e lasciare che i pensieri vadano dove vogliono.
Dopo una tazza di chai nella Tea-room che è anche il piccolo negozio del paese, mi rimetto in cammino per il Siblyback Lake - ancora quattro miglia, deviando dalla strada della mattina. Mi piacciono i laghi, forse perché non ho mai avuto una vacanza al lago, mi piace l'idea di acqua contenuta, di grande polla limpida e riflettente sotto il cielo, di specchio, forse anche di limite, perché puoi camminare intorno a un lago, come non si può certo fare con l'oceano. E più semplicemente penso a tutti i pond londinesi dei parchi, che mi hanno fatto compagnia nei miei anni inglesi.
Ci sono molti adolescenti che, tolta la muta per il windsurf, si infilano maglioni leggeri e jeans e vengono al Café dove sono seduta a osservare. Qualche tenda, qualche visitatore occasionale, qualcuno che porta in giro il cane. Mi viene l'attacco di una poesia che scriverò poi dopo, in un altro contesto. Forse questa è una preparazione. Perché il giorno dopo devo raggiungere IL LUOGO, quello più ambito durante questo viaggio minuscolo. Lo dico subito - non è la bellezza, la fama, nemmeno le leggende, che mi portano qui. La mattina dell'ultimo giorno mi incammino: andata e ritorno saranno circa venti chilometri, devo salire, raggiungere un punto disperso nel centro della brughiera di Bodmin, dove si trova un laghetto, il Dozmary Pool sulla Dozmary Hill. Perché ci incapricciamo di un posto, quale bussola si orienta in noi e ci guida? Come se già, in realtà, sapessimo. Ecco la mia bussola mi ricordava che non potevo ripartire senza andare lì. Trovo il sentiero per la collina di Dozmary quasi per caso, anche se il padrone del B&B mi ha spiegato nel dettaglio la strada. Ci sono alcune leggende posticce che raccontano sia la dimora della Dama del Lago, ma è troppo isolato e lontano dagli altri luoghi arturiani e da Tintagel. Secondo un'altra storia è senza fondo, una bocca per l'inferno, ma in realtà si è spesso prosciugato in assenza di piogge. Il fatto è che si preannuncia nella mia immaginazione come un luogo solitario, epifanico, perfetto. Non incontro nessuno, tranne una mucca con i suoi vitelli.
Poi mi sdraio nell'erba umida, per fortuna giro con un telo nello zaino e resto lì dove inizia l'acqua. Questo posto mi assomiglia e non so perché, ma so che è lì che deve arrivare la poesia, mi serve un'altra lingua per starci dentro.
Dozmary Pool
Tutto è
detto da un foro nel terreno.
C’è un
lago nella mente, l’estate si scioglie sui bordi
di
quando ero bambina.
Il
cielo cade sull’acqua senza rumore
conversano
l’erba e il bestiame.
Non
sono mai stata qui. L’albero
avanza
al contrario nel sottosuolo, ma è chiaro come allora
si
avvera un riparo dal timore.
Viaggio
via dal paese dei grandi
così
strano e senza soffrire
perde
se cresce, perde mostri, pezzi, paure
e
perfino la gioia di non arrivare, dell’estinguersi
in un
lento esplorare.
Viaggio
via dalla lingua parlata
dentro
una leggenda infantile, la pellicola
dove il
tempo si imprime quasi selvaggio e ostile.
Si
estraggono volti dalla brughiera come il rame
e il
granito dalle cave, hanno pelli di vento, inumane.
Sulla collina non s’incontra una dama.
Non c’è spada o strada per l’altro mondo
acqua senza fondo in questo stagno -
non c’è fata di giunchi o di fili di
ragno, nel sole
una faccia bestiale, un occhio bovino e
l’altro irreale
luce di fango e di squame – devi accecarti
per vedere.
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