domenica 1 luglio 2018

I tarocchi e la perdita. Affrontare il dolore attraverso gli arcani

Sono stata via qualche giorno in una casa immersa nella campagna senese, verso San Galgano. 


Ho avuto tempo per stare nella quiete, all'aperto, a leggere e scrivere e anche riordinare un po' di idee su quanto accaduto in questi ultimi e difficili mesi. Io e il mio compagno abbiamo portato con noi Ariel, il cucciolo di gatto che si è aggiunto alla nostra famiglia. Ho deciso di chiamarlo come lo spirito shakespeariano della Tempesta, spirito d'aria e di fuoco che spero lo protegga. Il nome senz'altro gli si addice. 



Si sono mescolati l'abbazia di San Galgano e il cielo a cui si apre; l'arcangelo Michele che, oltre ad apparire al giovane Galgano, si manifesta ovunque ci siano fate e creature soprannaturali all'opera; la spada confitta nell'eremo di Montesiepi, che per me è soprattutto il Seme di Spade, lucente, netto, inequivocabile, decisivo in ogni suo arcano; la necropoli di Malignano, a lato della strada, nei cui ipogei mi sono avventurata. Nel buio, nella frescura là sotto, l'immaginazione sente sempre qualcosa o qualcuno muoversi, sospirare, anche solo un ragno sulla sua tela. 


Mi sono seduta nel primo pomeriggio al tavolino nel prato, mentre Ariel giocava fra i fiori facendo esperienza del mondo fuori, e ho scritto in un altro modo di quanto mi accompagna dalla morte del mio Serafino, andatosene ad aprile per una malattia che non dà scampo. Ho scritto di cosa mi resta di lui usando le carte dei tarocchi, emerse una a una dalla memoria. Lasciare andare, mi sono ripetuta, lasciare andare. Quante volte nella mia vita? E più lascio andare più mi crescono dentro coloro che ho avuto accanto.


Dopo la perdita di Serafino ho ordinato un mazzo, The Everyday Witch Tarot, non particolarmente ricercato, ma con una caratteristica che mi ha attratto. La strega, disegnata su quasi ogni carta, è accompagnata da uno o più gatti e il gatto che appare con più frequenza è nero. Non è l'unico mazzo con gatti neri che ho, ma quelle carte mi hanno ricordato una quotidianità perduta eppure ancora presente. Fra tutte mi sono fermata a lungo sul Giudizio, cosa niente affatto inusuale per me, che accolgo sempre a questo arcano maggiore con sollievo. Qui la strega e il gatto se ne vanno  insieme spensierati, suonando la melodia del risveglio, inventando una nuova primavera. Siamo io e lui, mi sono detta. Un giorno lo saremo di nuovo e lì, in quel sentiero nel ventesimo arcano, lo incontrerò. Intanto però devo vivere,  tornare come posso alla leggerezza. Proseguire. Questa è la parola che mi conduce alla carta successiva, l'Otto di Coppe del Mary El, forse il mazzo di carte che più sento affine, nel quale spesso mi rifugio.


Il bambino dagli occhi profondi indossa la pelle del leone della prima fatica di Ercole, è pronto a mutare, ad andare altrove con un passo che non teme, perché l'animo resta veritiero e innocente. Non si viaggia col cuore offuscato - ogni viaggio richiede pulizia, richiede di fare di noi stessi, e di quanto abbiamo più caro, una protezione. Il bambino mi parla: "Tu sei cambiata, anche se sei sempre la stessa, con le tue convinzioni, la tua ostinazione. Accetta il mutamento e che quello che hai amato e ami prenda posto da un'altra parte". A volte le partenze sono solo un modo diverso di stare dove si è. Il manto del felino è anche l'affetto ricevuto dall'animale straordinario che è vissuto con me. Ma varrebbe questo per ogni altra perdita - umana, felina, canina. Devo prepararmi per attraversare, mentre anche le anime che lasciano il corpo attraversano. Devo entrare nel Sei di Spade, affidarmi al mio vecchio amico traghettatore e scoprire, forse, che se si liberasse dal cappuccio e mi rivolgesse uno sguardo, non sarebbe altro che uno specchio davanti a me.


Scelgo due delle versioni più classiche, dal Llewellyn e dall'Anna K., mi accingo ad andare ancora di là, trovare l'opposta riva, che inizia dentro e non fuori. Andare è imparare che il mondo è interiore quanto esteriore, che tutto viaggia con noi. Partiamo, gettiamo un ultimo sguardo, come nella poesia di Yeats (Under Ben Bulben, ricordi?), i cui versi sono scritti sulla sua tomba a Drumcliff:

Cast a cold Eye
On Life, on Death
Horseman, pass by!
Getta uno sguardo freddo/sulla Vita, sulla Morte/ Cavaliere, passa oltre! Come tutti i cavalieri del mazzo dei tarocchi, chi con lentezza, chi con ferocia. 

Non temere la perdita, non temere l'imbarazzo se ti viene da piangere, non temere la miseria che viene dal dolore, seppure invisibile agli altri - non temere. Stai. Un messaggio formidabile e dignitoso che io ritrovo nel Cinque di Denari del Mary El, dove l'uomo nudo, un rinunciante, un ramingo dai capelli intrecciati come liane e serpi indica in se stesso un mondo completo, una ricchezza ignota che è risorsa. Perché la lunga lezione della perdita non è il crollo della Torre (Arcano fortissimo nella mia vita, ma che non sento rilevante qui), ma la Temperanza, l'Angelo che entra perfino senza invito, il messaggero, che insegna la coesistenza di male e bene, il loro nutrirsi a vicenda. Ancora il Mary El e la sua tigre nuotatrice, che trattiene e modella l'onda avversa, ne è temprata e non ruggisce, ma, come il bambino dell'Otto di Coppe, mi guarda. Io resto davanti alle onde e so che mi immergerò, non farò riempire per troppo a lungo dal pianto come una Regina di Coppe che non riesce più a commuoversi, perché satura fino all'insensatezza.

Soprattutto non farò tutto da sola. Se non riuscirò - confiderò nelle stelle. La Stella. Dopotutto sono un'acquariana e la Stella è nel mio destino con la sua ferma fiducia che anche la pietra possa fiorire. Ve n'è una in particolare che mi chiama, una Stella della vita ordinaria, terrena. Nel mazzo di Poppy Palin, The Everyday Enchantment Tarot, la Stella è al collo di una bambina che appare, provvidenziale, nella devastazione di un incendio che richiama la tragedia recente della Grenfell Tower a Londra, così come ogni momento cupo della nostra storia umana, ogni volta in cui ci chiediamo: "Perché sta succedendo?". 

La bambina porta acqua ed è scalza, senza paura. "Afferrami", dice."Afferra la mia mano tesa. Non ti libero dal dolore, ma tu puoi guardare in alto, lasciarlo respirare".  

1 commento:

  1. "E più lascio andare più mi crescono dentro coloro che ho avuto accanto."

    Quanto è vero, quanto crescono dentro le persone amate - e i gatti e i luoghi e le cose - che si sono perdute. Forse non per tutti è così, forse per alcuni il trascorrere del tempo rimpicciolisce le cose andate. Per altri accade l'opposto - a me accade l'opposto.

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