Tempo fa ho scritto queste prose su uno dei miei film preferiti. Mentre le scrivevo capivo che erano la mia ode all'infanzia.
due città
Due città, due mondi. Uno dove tutto è in
superficie: le case che sfilano dall’auto stanno sicure, immote negli anni. Un
altro dove l’acqua si alza notturna sotto i pontili, porta navi cariche di
spiriti. Uno dove si procede tirandosi dietro inconsapevoli la rete del
passato, l’altro dove si perde il nome e l’identità e perdere è non toccare più
un corpo nella forma conosciuta. Due città che potrebbero essere la stessa,
circondata dal bosco dove si ammucchiano piccole case di pietra, altari votivi.
Un fischio di vento le separa, l’inganno fragile, opaco come un muro di
cartapesta, che non esista altro da vedere oltre il presente.
( Cosa vuol dire riconoscere? Come può l’acqua del mondo filtrarsi in me, scorrere dalla mia
solitudine al tuo cibo, al te?)
l’apprendista
Nel paese dove si indossa l’anima la
bambina deve lasciare il segno volatile del nome, tenerlo indecifrabile in un
talismano. Nel paese dove si indossa l’anima è proibito approfittare dei doni –
solo ciò che è offerto può nutrire, renderci sostanza. La bambina è nella
storia ora, tra animali parlanti, creature grottesche, vecchie maghe avide e
tutto è rovesciato: coloro che avrebbero
dovuto proteggerla sono privati dell’aspetto e del linguaggio a causa
dell’ingordigia degli adulti – coloro che non sanno più intuitivamente
rispettare i segreti – il suo restare è affidato ad un estraneo o qualcuno
affiorato da un luogo lontanissimo della conoscenza. La bambina scende nelle
caldaie del palazzo, nel fuoco dove si forgia il lavorio del tempo. Un
uomo-ragno controlla la fornace, la trama della fiamma che scalda e asciuga.
Tutto qui ha occhi, perfino la fuliggine che dorme nei buchi. La bambina
abbandona i vestiti, solleva un pezzo nero di materia, la leggerezza faticosa
dell’essere nessuno. Essere solo ciò che possiamo fare, un gesto, una pazienza.
Lo spossessamento è il suo apprendistato.
assenze
Dentro il palazzo le stanze si moltiplicano
- scale, porte, corridoi. Fuori crescono i frutti minuscoli della nostra
salvezza. Bacche, mirtilli. Dentro il palazzo pensiamo che il nostro
immaginario non ha fine o approdo l’attesa, soluzione la ricerca, destino la
ricchezza dei suoi ospiti. Si dorme sulle assi e le finestre sono pitture del
mondo all’esterno. Cosa succede agli oggetti riposti nei cassetti, alle pareti
quando le abbandoniamo? Chi cammina senza la paura, addomesticato, sui
pavimenti vuoti? Ora la pittura prende respiro, è un ritmo sui vetri. Piove
incessantemente dal mattino.
ospiti misteriosi
Chi non ha volto non ha l’occhio per sentire
la distanza. Il suo demone è la fame dell’altro, lo avvicina maldestro,
confonde il contatto con la conoscenza.
Chi non ha volto non ama, ma desidera, vive da sempre la mancanza del suo nome.
Si ingigantisce come un sacco scuro degli alimenti, persone che divora, ma non
distingue i contorni, la specie di ciò che contiene. Senza volto terrorizza
perché lui stesso non può descriversi, può volere solamente, senza
soddisfazione. La bambina non lo teme: per un attimo sono uguali, abitano la
debolezza e lo smarrimento. Senza volto non può offrirsi, ma vorrebbe, sbaglia
ogni sua gentilezza. La bambina ha imparato che ogni ospite è un corpo apparente
– deve ascoltarne il silenzio per capire. Oppure andare a fondo, dentro il
fango, il ferrovecchio, il ciarpame, l’odore insopportabile che si attacca
all’acqua scrosciante della vasca, al tatto. Avere il coraggio di afferrare,
lavare le ferite che altri esseri umani infliggono alle cose naturali. Sotto le
croste e la sporcizia c’è uno spirito di fiume. Come ritorna libera la sua
trasparenza. Sotto la nostra fame materiale c’è l’acqua preziosa dell’eredità. Recuperare
la memoria è fare pulizia.
fondo di palude
Quando noi ci amiamo ti trasformi in
qualcosa che non posso trattenere. Ogni volta che sono stata bambina ho amato
solo genti fantastiche, che parlavano lingue animali, che sapevano di nuvola e
pericolo ed esplorazione. Mentre sono nel sogno tu mi stai nel sangue come
terra, come luce toccata sott’acqua. Se tu sanguini e non hai pace io non posso
che farmi più piccola, partire come tornando a casa, ed è tutto un biglietto di
sola andata, questo poter ricordare, le mie mani, i tuoi denti, l’ossatura di
carta del cielo, lo sprofondare di bosco e acquitrino. Chi dice che la palude è
oscura non sa che è anche incolta e meravigliosa – intatta e come te
sconosciuta. Mia protezione. O mio mondo infantile.
uguaglianza
Le cose stanno dentro la pioggia che è
discesa, si estende in una pianura azzurra, solcata dalla ferrovia. Nei vagoni
del treno non ci sono compagni, ma tracce di tutte le vite che non potremo
attraversare, il paesaggio è senza interruzione, ci raccoglie nel rumore del
pensiero. Le differenze sono onde che scompaiono calme tra le ruote, io non so
più cosa è lontano né dove sia ieri, così arroccato e saldo. La bambina non sa
dove riprenderà a camminare. Ogni viaggio è uguale all’ultimo, se ne esce come
da un involucro, come scostando piano trame di se stessi dal futuro. Non so mai
dove sei in quest’oceano della mia essenza - nella casa dal tetto di paglia
appena superata, nel passeggero che scende con stanchezza, nella luminescenza
che viene dal fuori nella notte. Se ti amo, quale parte amo di me. Come scelgo
di sporgermi dall’acqua.
casa
Nonna, ho sempre creduto che tu abitassi
qui, dove ci si ferma, non si può più oltrepassare. Che questa storia fosse
quella che venivi tessendo, che mettevi nella tazza del tè nelle sere
d’autunno. Che il sentiero della tua soglia portasse al conforto, alla
restituzione. Nonna, in un tratto nel quale siamo ancora insieme e tutto non è
più di pochi fili intrecciati, di nomi che si conservano anche se cambiano le
fisionomie, le dimensioni. Ho camminato fino a te, ho volato nel fiume della
lentezza, del dolore, della maturazione, come aggrappandomi alla schiena di un
drago docile e temerario. E questo avviene in sogno, e dal sogno ne tengo il
sapore negli oggetti, negli elementi minerali, la fiamma del camino, la pietra
del suolo, l’aria che non mi trascina, ma sospende sul luogo dove divento ciò
che sono. La bambina si sveglia e non ha perso niente di coloro che ama. Sa che
ogni mondo è vero.
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