mercoledì 10 dicembre 2014

Un pomeriggio da Sur

Come spesso capita alcune delle vicende più curiose nei grandi eventi accadono a margine.
Arrivata per una toccata e fuga a Più libri, più liberi, domenica 7 dicembre, ho un appuntamento con lo stand dell’editore Sur, dove Antonio dell’ufficio stampa aspettava me e Orazio Labbate, autore de Lo scuru e compagno di avventura nella collana “Romanzi” di Tunué. Ho un carattere suscettibile a variazioni d’umore tanto forti, quanto improvvise – appena giunta al Palazzo dei Congressi oscillo tra una smania incendiaria contro fiere, folle e grandi città italiane e l’ansia che mi impedisce di fare quanto di più normale: fermarmi, consultare il libretto, capire dove devo recarmi. Insomma sono nella piena sindrome del “cane rabbioso”, come quei bambini funesti che iniziano a scalciare e fare le bizze nel Peter Pan nei Giardini di Kensington di Barrie. Ma basta poco per volare da un’altra parte. Basta la prima dei due bambini, proprio varcata la soglia, che mi viene incontro offrendomi il segnalibro di un misterioso romanzo. Educata e un po’ intimorita mi ringrazia e augurato buon pomeriggio. Non mi sono ancora resa conto di trovarmi proprio a pochi passi da Sur, collocato in posizione strategica nel settore A, accanto all’entrata principale.
Vago ancora un po’ e infine capisco dove andare, ritornando sui miei passi. È allora che mi chiama il secondo bambino.
“Signora, le posso dare un adesivo?”
“Certo, colleziono gli adesivi”. (Cioè, bambino, colleziono tutto. Perfino i tappi del succo di frutta, ma questo non importa, ora).
“Ah, allora grazie”, dice e fa per voltarsi.
“Ma senti”, lo blocco io, “sei qui da molto? E ti piace, ti diverti?”
“Sono qui da stamattina. Mi piace insomma … certe volte mi rispondono male”.
“Eh, gli adulti sono così”, concludo.
Il bambino sparisce e mi accorgo di essere davanti a Sur. Mi regalano un libro di racconti di Pacheco che ha in copertina dei gatti. Antonio ha un volto familiare: dopo poche battute scopro che suona e frequenta alcuni tipi della scena musicale pistoiese – i Ka mate ka ora, Alberto Mariotti, Mangiacassette.
“Una volta ho suonato anche in un circolo Arci del centro, il Garibaldi”.
“Dai! Io sono andata spesso ai concerti organizzati dal Fedi”.
“Sì, ci ha invitato lui. Era a fine novembre dell’anno passato”.
“Ah, ma di sicuro c’ero! Stavo sull’uscio – con un orecchio ascoltavo voi e con l’altro un amico dj, lettore onnivoro e conoscitore dello scibile musicale umano, che mi ragionava fitto fitto”.
Nel mentre arriva Orazio con il suo chiodo che mi fa nostalgia, e la discussione vira sugli spostamenti, in Italia o all’estero, dal sud a Firenze o a Milano, dalla Toscana all’Inghilterra, che riguardano tutti e tre noi – forse perché anche se all’inizio ci si muove per studio, lavoro o desiderio, alla fine pare quasi di comprendere che le origini, con la loro ferita, si vedono meglio a distanza, quando si è preso spazio e tempo, abbiamo rifiatato altrove.
E intanto si avvicendano autori, lettori, amici, persone che chiedono informazioni, colori sgargianti dalle copertine dei libri e dalle borse di tela ben ordinate in una scatola sotto il banco, e tra gli amici un altro volto che non vedo da anni, un altro che migra e che solo così si riconcilia con il luogo di provenienza, che a un certo punto mi rapisce per riprendere un discorso interrotto da qualche parte su Sylvia Plath e Emily Brönte. Solo allora, prima di salutare Antonio e Orazio, metto la mano in tasca ripescando l’adesivo di cui mi sono quasi scordata. Il bambino. Sull’adesivo spicca un fuoco aranciato e la frase lungo bordo dice che i libri bruciano, incendiano e quindi a loro modo devastano. Chissà se qualche volta scaldano.

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