martedì 4 marzo 2014

Cosa ho detto allo scoiattolo

Ti ho sottratto all’anonimato del fogliame,
al rifugio mediocre della nocciola.
Ti ho scaraventato nella luce
chiamandoti rosso irsuto,
determinando il tuo salto e il tuo scopo.
Tutto quello che fai mi appartiene
anche se tu d’un tratto
ti mettessi a nuotare nella ghiaia
o a rosicchiare grossi tomi di cartone
o ad aprire e chiudere, ad oltranza,
i tuoi occhi meccanici
non riuscirai a distrarmi.
Tu non evaderai dalla prigione della mia poesia.


Nina Cassian



(Quando ho trovato questa poesia non ho potuto fare a meno di pensare a uno dei miei racconti preferiti di Tove Jansson, intitolato Lo scoiattolo, appunto, che ho letto in inglese in The Winter Book, ma presente in italiano nella raccolta La barca e io (Iperborea). Lì, l'ostinata solitudine della protagonista aveva a che fare con l'altrettanta caparbia volontà di uno scoiattolo di non abbandonare l'isola dove lei si era rifugiata. Trasformiamo il mondo in poesia, lo ingabbiamo nel senso. Fino, a volte, a non poterne più del nostro stesso linguaggio.)


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