sabato 4 gennaio 2014

L’ANNO SCORSO SEGRETO (dodecafonia per calendario)

di Adriano Spatola


1. Gennaio, forse

Neve e sale sono sentimenti dilatati
pensieri pensati per pensare con prudenza
a gesti intimi e alieni di un diagramma
che la vita offre appena sconsacrato
in giochi o enigmi in segni rosicchiati
nella zona sensibile della cute rugosa
del corpo congelato nell'apposito ghiaccio
parlo del suo corpo sbagliato e provocante
neve e sale sono un convincimento insultante
autolesionista insanguinato irritante
ma la pigmentazione è leggera e posata
strofinata con dita fredde e unghie corte
sbadatamente colpevoli di un po’ di morte
non per questo insincere o incapaci
anzi tenaci anche se troppo meccaniche
troppo umide bagnate oppure rugiadose
nel bianco della neve e del sale accecante
che il tempo nel frattempo può accumulare
intenerito per le vere verità che verranno
in gennaio che è il primo mese dell’anno


2. Febbraio, forse

Gli alberi sono stati concepiti nella seta
della memoria satura di un odio sufficiente
alla sonnolenza della nitida segregazione
qualcosa di poco tagliente e di abbandonato
a immagini sbiadite di foto sovresposte
parlo delle sue foto ottuse ed eloquenti
bandiere consumate di antiche riluttanze
per vanità capricci oscenità di buon gusto
tra gli alberi sospesi in rami articolati
ormai spenti in un incendio soffocato
lattiginoso nella corruzione trasparente
parlo dell’ultima foto quella più decente
quasi demenziale molto più che innocente
scentrata rispetto al suo nucleo visibile
inesplorato ingrato felice inesorabile
intenerito per le vere verità che verranno
in febbraio il secondo mese dell'anno



3. Marzo, forse

Acqua e pioggia sono avvenimenti meschini
avvelenamenti sgraziati da tardo pomeriggio
cadono si muovono gemono irrazionalmente
con spiegazioni inspiegabili e falsi scopi
qualcosa di erotico ma tiepido e strangolato
parlo di questo tepore maligno e sfebbrato
in un cinema deserto con poche coppie isolate
nell‘acqua e nella pioggia carnose e profumate
da un coperto sentore di erbe e di placenta
la tentazione più vaga sarebbe annusarle
costringerle in rima magari accumularle
per la fame insaziabile che corrode le foglie
il vasto ticchettio che prepara le doglie
del datario di gomma timido e incestuoso
parlo delle date perdute non di quelle mancate
sporgenti dai chiodi fissi del calendario
e la sua dimensione giuridica da bassorilievo
pronta all’accusa ma con un certo sollievo
parlo del sollievo inquietante del rospo
della veemenza aritmetica dei suoi versi brevi
nel prato in parte sommerso dall’acqua
perché sapevamo che era un giorno di pioggia
intenerito per le vere verità che verranno
in marzo che è il terzo mese dell’anno


4. Aprile, forse

Il sole è fatto di molti misteriosi concetti
avvenimenti pusillanimi con fiacca rotazione
dicono non dicono però pretendono attenzione
qualcosa di marcio di un po’ slabbrato o di rosa
un tenue colore applicato alla nostra grettezza
con pennellate leggere stremate dal caldo
parlo del caldo che si corrompe e entusiasma
di questo calore magico e nero che non si salva
innocuamente servile ai fini dell'organismo
intenerito per le vere verità che verranno
in aprile che è il quarto mese dell'anno


5. Maggio, forse

Andante moderato con un anello di strazio
o di respiro ansante registrato sul nastro
che gira nella macchina posata su un letto
qualcosa di grigio e sconvolto mai pronunciato
nell’urto dei denti con la lingua impastata
parlo del suo linguaggio modesto e indisponente
pesante come un sasso tra il cuscino e la mente
per congiunzione sinapsi 0 fato travolgente
con sincronica incuria forse troppo leggera
adesso per fortuna molto meglio interpretata
parlo della sua lingua così docile e tarata
dalle neutre querimonie cui ci siamo abituati
noi seduti in ginocchio per voglia di possesso
abbagliati e schiacciati in finzione servile
e un esperto conferma non è poi cosi vile
non è liturgico o sacro non c’è niente di male
e un semplice riflesso intagliato nel vetro
intenerito per le vere verità che verranno
in maggio che è il quinto mese dell’anno


6. Giugno, forse

È la logica cupa e rara dell’inerzia
delle fibre legnose spettrali fra i capelli
incisi nella polvere della carta larvale
con grazia conciliante appena vegetale
in parte riconoscibile alla base del collo
tra una peluria morbida e un po’ villosa
parlo di un’altra nuca quella seducente
dove l’inferno si agita con luce indifferente
sottratta ai colori della stagione precedente
è un maldestro segreto legato al suo volto
al volume asimmetrico della sua testa
innestata per scherzo su un tronco esaltato
intenerito per le vere verità che verranno
in giugno che è il sesto mese dell’anno


7. Luglio, forse

Spesso la sabbia è carnivora e affamata
con movenze un po’ impure e un po’ stanche
parlo del suo tocco losco e imbarazzante
degli orologi di tutta questa chincaglieria
sfruttate imitazioni stilizzate nel fango
lo spazio non ha fretta è già in agonia
assorto in un lento sentiero inconcludente
qualcosa di fragile remoto onnipotente
inafferrabile come un ignoto esperimento
incastonato con cura dentro l’occhio
intenerito per le vere verità che verranno
in luglio il settimo mese dell’anno


8. Agosto, forse

L’esitazione è esibita con scaltro languore
è un acquerello infantile teso fra pelle e pelle
come un insetto prezioso distratto con competenza
da sforzi lunghi e vibrati di elitre e antenne
qualcosa di fatto a spirale sorpreso in ronzio
in chimica incendio permutazione o chirurgia
parlo del rettile alato drogato sotto la paglia
con i suoi parassiti annidati nelle zampe squamate
però sono storie di draghi storie antiquate
di questa guerra latente commossa in violino
intenerita per le vere verità che verranno
in agosto l’ottavo mese dell’anno


9. Settembre, forse

Il teatro si chiude al tramonto nell’autopsia
è un terriccio cosparso di scaglie di limatura
radiazioni cromatiche di un’oratoria eccessiva
qualcosa di magnetico e fulvo sopra l’intonaco
esalazione fumosa stagnante e combustibile
come un odore di sottobosco un po’ marcescibile
così aromatico e greve così gradevole al fiuto
dell’animale insediato nella propria goffaggine
parlo dell’animale che ride con un po’ di malore
delle sue uova avvolte in un sudario di lino
sono cellule immerse in un vino scontroso
intenerito per le vere verità che verranno
in settembre il nono mese dell’anno


10. Ottobre, forse

Uva e mele saranno decorate su un piatto
o sul ventre di un vaso ansato e panciuto
con altri frutti caduti da una ciotola
scorciata in una scienza di linee acuminate
c’è una lama sporgente da un manico d’osso
pulito da una pomice traspirante e porosa
visibile a sinistra nell’angolo più buio
a destra fiori con recipiente di cristallo
qualcosa di vitreo profetico e crudele
per uva e mele in genesi olografica
parlo di un trattenuto frenato sdoppiamento
è un piccolo sfregio praticato sul mento
un perdono da farsa un po’ criminale
un pegno ricavato da una conferma fetale
del piccolo sfregio battezzato e nuziale
intenerito per le vere verità che verranno
in ottobre il decimo mese dell’anno


11. Novembre, forse

Maioliche sono bufere di scogli e di mare
nuvole flagellate da sferzanti tormenti
un timido ascesso di nebbia da testamento
qualcosa di sensitivo astuto ed astrale
strategico come le vele di un bastimento
tra rigurgiti e lampi di un sogno vorticoso
parlo del suo sogno schematico e odioso
un’infezione cantata con un timbro sugoso
membrane di citofoni in case abbandonate
maioliche nefaste di un ospite internato
parlo di un ospite ozioso e tramortito
da un suo tic ripetuto con un ritmo svanito
tra scogli sgretolati da un mare minaccioso
melodramma imbecille per mimica da sposo
sono ingerenze accolte da lei nel suo io
intenerito per le vere verità che verranno
in novembre undicesimo mese dell’anno


12. Dicembre, forse

Quasi parabole quasi illusorie o vantaggiose
per streghe e trofei per dettagli anatomici
o anche per scuse scusabili solo d’inverno
qualcosa che sa di sacerdozio o sacerdote
parlo della sacerdotessa che si è derubata
nella sua maschera di cittadina tranquilla
in una campagna cosparsa di argini e ville
con vesti travestite e divieti impudenti
all’improvviso tardi per i risentimenti
tardi per renderla stupida e compromessa
le sensazioni dirigono la prima scommessa
parlo di una sensibilità non più ritrasmessa
lasciata a decisioni brusche o avventate
delle sue gambe energiche e attanagliate
qualcosa di rapido come una coltellata
però spalmata sul ventre di un uomo disteso
disinformato nudo coinvolto ormai arreso
alla frase fredda impulsiva che lo picchia
sono danni patetici addossati a un poeta
intenerito per le vere verità che verranno
in dicembre l’ultimo mese dell’anno

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