di Adriano Spatola
1.
Gennaio, forse
Neve e sale sono sentimenti dilatati
pensieri pensati per pensare con prudenza
a gesti intimi e alieni di un diagramma
che la vita offre appena sconsacrato
in giochi o enigmi in segni rosicchiati
nella zona sensibile della cute rugosa
del corpo congelato nell'apposito ghiaccio
parlo del suo corpo sbagliato e provocante
neve e sale sono un convincimento insultante
autolesionista insanguinato irritante
ma la pigmentazione è leggera e posata
strofinata con dita fredde e unghie corte
sbadatamente colpevoli di un po’ di morte
non per questo insincere o incapaci
anzi tenaci anche se troppo meccaniche
troppo umide bagnate oppure rugiadose
nel bianco della neve e del sale accecante
che il tempo nel frattempo può accumulare
intenerito per le vere verità che verranno
in gennaio che è il primo mese dell’anno
2. Febbraio, forse
Gli alberi sono stati concepiti nella seta
della memoria satura di un odio sufficiente
alla sonnolenza della nitida segregazione
qualcosa di poco tagliente e di abbandonato
a immagini sbiadite di foto sovresposte
parlo delle sue foto ottuse ed eloquenti
bandiere consumate di antiche riluttanze
per vanità capricci oscenità di buon gusto
tra gli alberi sospesi in rami articolati
ormai spenti in un incendio soffocato
lattiginoso nella corruzione trasparente
parlo dell’ultima foto quella più decente
quasi demenziale molto più che innocente
scentrata rispetto al suo nucleo visibile
inesplorato ingrato felice inesorabile
intenerito per le vere verità che verranno
in febbraio il secondo mese dell'anno
3. Marzo, forse
Acqua e pioggia sono avvenimenti meschini
avvelenamenti sgraziati da tardo pomeriggio
cadono si muovono gemono irrazionalmente
con spiegazioni inspiegabili e falsi scopi
qualcosa di erotico ma tiepido e strangolato
parlo di questo tepore maligno e sfebbrato
in un cinema deserto con poche coppie isolate
nell‘acqua e nella pioggia carnose e profumate
da un coperto sentore di erbe e di placenta
la tentazione più vaga sarebbe annusarle
costringerle in rima magari accumularle
per la fame insaziabile che corrode le foglie
il vasto ticchettio che prepara le doglie
del datario di gomma timido e incestuoso
parlo delle date perdute non di quelle mancate
sporgenti dai chiodi fissi del calendario
e la sua dimensione giuridica da bassorilievo
pronta all’accusa ma con un certo sollievo
parlo del sollievo inquietante del rospo
della veemenza aritmetica dei suoi versi brevi
nel prato in parte sommerso dall’acqua
perché sapevamo che era un giorno di pioggia
intenerito per le vere verità che verranno
in marzo che è il terzo mese dell’anno
4. Aprile, forse
Il sole è fatto di molti misteriosi concetti
avvenimenti pusillanimi con fiacca rotazione
dicono non dicono però pretendono attenzione
qualcosa di marcio di un po’ slabbrato o di rosa
un tenue colore applicato alla nostra grettezza
con pennellate leggere stremate dal caldo
parlo del caldo che si corrompe e entusiasma
di questo calore magico e nero che non si salva
innocuamente servile ai fini dell'organismo
intenerito per le vere verità che verranno
in aprile che è il quarto mese dell'anno
5. Maggio, forse
Andante moderato con un anello di strazio
o di respiro ansante registrato sul nastro
che gira nella macchina posata su un letto
qualcosa di grigio e sconvolto mai pronunciato
nell’urto dei denti con la lingua impastata
parlo del suo linguaggio modesto e indisponente
pesante come un sasso tra il cuscino e la mente
per congiunzione sinapsi 0 fato travolgente
con sincronica incuria forse troppo leggera
adesso per fortuna molto meglio interpretata
parlo della sua lingua così docile e tarata
dalle neutre querimonie cui ci siamo abituati
noi seduti in ginocchio per voglia di possesso
abbagliati e schiacciati in finzione servile
e un esperto conferma non è poi cosi vile
non è liturgico o sacro non c’è niente di male
e un semplice riflesso intagliato nel vetro
intenerito per le vere verità che verranno
in maggio che è il quinto mese dell’anno
Neve e sale sono sentimenti dilatati
pensieri pensati per pensare con prudenza
a gesti intimi e alieni di un diagramma
che la vita offre appena sconsacrato
in giochi o enigmi in segni rosicchiati
nella zona sensibile della cute rugosa
del corpo congelato nell'apposito ghiaccio
parlo del suo corpo sbagliato e provocante
neve e sale sono un convincimento insultante
autolesionista insanguinato irritante
ma la pigmentazione è leggera e posata
strofinata con dita fredde e unghie corte
sbadatamente colpevoli di un po’ di morte
non per questo insincere o incapaci
anzi tenaci anche se troppo meccaniche
troppo umide bagnate oppure rugiadose
nel bianco della neve e del sale accecante
che il tempo nel frattempo può accumulare
intenerito per le vere verità che verranno
in gennaio che è il primo mese dell’anno
2. Febbraio, forse
Gli alberi sono stati concepiti nella seta
della memoria satura di un odio sufficiente
alla sonnolenza della nitida segregazione
qualcosa di poco tagliente e di abbandonato
a immagini sbiadite di foto sovresposte
parlo delle sue foto ottuse ed eloquenti
bandiere consumate di antiche riluttanze
per vanità capricci oscenità di buon gusto
tra gli alberi sospesi in rami articolati
ormai spenti in un incendio soffocato
lattiginoso nella corruzione trasparente
parlo dell’ultima foto quella più decente
quasi demenziale molto più che innocente
scentrata rispetto al suo nucleo visibile
inesplorato ingrato felice inesorabile
intenerito per le vere verità che verranno
in febbraio il secondo mese dell'anno
3. Marzo, forse
Acqua e pioggia sono avvenimenti meschini
avvelenamenti sgraziati da tardo pomeriggio
cadono si muovono gemono irrazionalmente
con spiegazioni inspiegabili e falsi scopi
qualcosa di erotico ma tiepido e strangolato
parlo di questo tepore maligno e sfebbrato
in un cinema deserto con poche coppie isolate
nell‘acqua e nella pioggia carnose e profumate
da un coperto sentore di erbe e di placenta
la tentazione più vaga sarebbe annusarle
costringerle in rima magari accumularle
per la fame insaziabile che corrode le foglie
il vasto ticchettio che prepara le doglie
del datario di gomma timido e incestuoso
parlo delle date perdute non di quelle mancate
sporgenti dai chiodi fissi del calendario
e la sua dimensione giuridica da bassorilievo
pronta all’accusa ma con un certo sollievo
parlo del sollievo inquietante del rospo
della veemenza aritmetica dei suoi versi brevi
nel prato in parte sommerso dall’acqua
perché sapevamo che era un giorno di pioggia
intenerito per le vere verità che verranno
in marzo che è il terzo mese dell’anno
4. Aprile, forse
Il sole è fatto di molti misteriosi concetti
avvenimenti pusillanimi con fiacca rotazione
dicono non dicono però pretendono attenzione
qualcosa di marcio di un po’ slabbrato o di rosa
un tenue colore applicato alla nostra grettezza
con pennellate leggere stremate dal caldo
parlo del caldo che si corrompe e entusiasma
di questo calore magico e nero che non si salva
innocuamente servile ai fini dell'organismo
intenerito per le vere verità che verranno
in aprile che è il quarto mese dell'anno
5. Maggio, forse
Andante moderato con un anello di strazio
o di respiro ansante registrato sul nastro
che gira nella macchina posata su un letto
qualcosa di grigio e sconvolto mai pronunciato
nell’urto dei denti con la lingua impastata
parlo del suo linguaggio modesto e indisponente
pesante come un sasso tra il cuscino e la mente
per congiunzione sinapsi 0 fato travolgente
con sincronica incuria forse troppo leggera
adesso per fortuna molto meglio interpretata
parlo della sua lingua così docile e tarata
dalle neutre querimonie cui ci siamo abituati
noi seduti in ginocchio per voglia di possesso
abbagliati e schiacciati in finzione servile
e un esperto conferma non è poi cosi vile
non è liturgico o sacro non c’è niente di male
e un semplice riflesso intagliato nel vetro
intenerito per le vere verità che verranno
in maggio che è il quinto mese dell’anno
6.
Giugno, forse
È
la logica cupa e rara dell’inerzia
delle
fibre legnose spettrali fra i capelli
incisi
nella polvere della carta larvale
con
grazia conciliante appena vegetale
in
parte riconoscibile alla base del collo
tra
una peluria morbida e un po’ villosa
parlo
di un’altra nuca quella seducente
dove
l’inferno si agita con luce indifferente
sottratta
ai colori della stagione precedente
è
un maldestro segreto legato al suo volto
al
volume asimmetrico della sua testa
innestata
per scherzo su un tronco esaltato
intenerito
per le vere verità che verranno
in
giugno che è il sesto mese dell’anno
7.
Luglio, forse
Spesso
la sabbia è carnivora e affamata
con
movenze un po’ impure e un po’ stanche
parlo
del suo tocco losco e imbarazzante
degli
orologi di tutta questa chincaglieria
sfruttate
imitazioni stilizzate nel fango
lo
spazio non ha fretta è già in agonia
assorto
in un lento sentiero inconcludente
qualcosa
di fragile remoto onnipotente
inafferrabile
come un ignoto esperimento
incastonato
con cura dentro l’occhio
intenerito
per le vere verità che verranno
in
luglio il settimo mese dell’anno
8.
Agosto, forse
L’esitazione
è esibita con scaltro languore
è
un acquerello infantile teso fra pelle e pelle
come
un insetto prezioso distratto con competenza
da
sforzi lunghi e vibrati di elitre e antenne
qualcosa
di fatto a spirale sorpreso in ronzio
in
chimica incendio permutazione o chirurgia
parlo
del rettile alato drogato sotto la paglia
con
i suoi parassiti annidati nelle zampe squamate
però
sono storie di draghi storie antiquate
di
questa guerra latente commossa in violino
intenerita
per le vere verità che verranno
in
agosto l’ottavo mese dell’anno
9.
Settembre, forse
Il
teatro si chiude al tramonto nell’autopsia
è
un terriccio cosparso di scaglie di limatura
radiazioni
cromatiche di un’oratoria eccessiva
qualcosa
di magnetico e fulvo sopra l’intonaco
esalazione
fumosa stagnante e combustibile
come
un odore di sottobosco un po’ marcescibile
così
aromatico e greve così gradevole al fiuto
dell’animale
insediato nella propria goffaggine
parlo
dell’animale che ride con un po’ di malore
delle
sue uova avvolte in un sudario di lino
sono
cellule immerse in un vino scontroso
intenerito
per le vere verità che verranno
in
settembre il nono mese dell’anno
10.
Ottobre, forse
Uva
e mele saranno decorate su un piatto
o
sul ventre di un vaso ansato e panciuto
con
altri frutti caduti da una ciotola
scorciata
in una scienza di linee acuminate
c’è
una lama sporgente da un manico d’osso
pulito
da una pomice traspirante e porosa
visibile
a sinistra nell’angolo più buio
a
destra fiori con recipiente di cristallo
qualcosa
di vitreo profetico e crudele
per
uva e mele in genesi olografica
parlo
di un trattenuto frenato sdoppiamento
è
un piccolo sfregio praticato sul mento
un
perdono da farsa un po’ criminale
un
pegno ricavato da una conferma fetale
del
piccolo sfregio battezzato e nuziale
intenerito
per le vere verità che verranno
in
ottobre il decimo mese dell’anno
11.
Novembre, forse
Maioliche
sono bufere di scogli e di mare
nuvole
flagellate da sferzanti tormenti
un
timido ascesso di nebbia da testamento
qualcosa
di sensitivo astuto ed astrale
strategico
come le vele di un bastimento
tra
rigurgiti e lampi di un sogno vorticoso
parlo
del suo sogno schematico e odioso
un’infezione
cantata con un timbro sugoso
membrane
di citofoni in case abbandonate
maioliche
nefaste di un ospite internato
parlo
di un ospite ozioso e tramortito
da
un suo tic ripetuto con un ritmo svanito
tra
scogli sgretolati da un mare minaccioso
melodramma
imbecille per mimica da sposo
sono
ingerenze accolte da lei nel suo io
intenerito
per le vere verità che verranno
in
novembre undicesimo mese dell’anno
12.
Dicembre, forse
Quasi
parabole quasi illusorie o vantaggiose
per
streghe e trofei per dettagli anatomici
o
anche per scuse scusabili solo d’inverno
qualcosa
che sa di sacerdozio o sacerdote
parlo
della sacerdotessa che si è derubata
nella
sua maschera di cittadina tranquilla
in
una campagna cosparsa di argini e ville
con
vesti travestite e divieti impudenti
all’improvviso
tardi per i risentimenti
tardi
per renderla stupida e compromessa
le
sensazioni dirigono la prima scommessa
parlo
di una sensibilità non più ritrasmessa
lasciata
a decisioni brusche o avventate
delle
sue gambe energiche e attanagliate
qualcosa
di rapido come una coltellata
però
spalmata sul ventre di un uomo disteso
disinformato
nudo coinvolto ormai arreso
alla
frase fredda impulsiva che lo picchia
sono
danni patetici addossati a un poeta
intenerito
per le vere verità che verranno
in
dicembre l’ultimo mese dell’anno
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