mercoledì 7 agosto 2024

Animali, spiriti dei luoghi, incontri

Ontano presso il Teign

Possono trascorrere molti mesi fra un mio post e l'altro, ma prima o poi faccio ritorno a questo mio strampalato diario, mentre quello cartaceo è un appuntamento fisso, un rito salvavita. 

A luglio sono stata sulla costa del Northumberland per vedere le Isole Farne e le colonie di foche, pulcinelle di mare, sterne artiche, cormorani e poi a sud ovest con la mia tenda, per vagabondare lungo il fiume Teign nel Dartmoor. 

scrittura nel capanno

Sono salita su a Torri qualche giorno fa per scrivere e per il calendario di incontri che vedete qui sotto, organizzato insieme alle mie sorelle. 




Per il primo incontro con l'artista e amico Rocco Lombardi e la mostra ispirata al suo bellissimo libro MIRA, ho scritto queste parole che mi giravano in testa da un po'. Le riporto qui:

La terra è un concerto di impronte.
Emergi.
Dentro di te c'è un seme a forma di animale.
Ti chiede di dimenticare la lingua e ascoltare.
Guarda con tutti i tuoi sensi. 
I sogni frusciano come le nuove foglie.
Abita i confini.
Stendi il tuo corpo lucente fra le rocce del tempo. Annusa.
L'odore è una tana per i nuovi nati.
Genera l'umano dal felino. Tienilo fra le zampe. La sua nudità è preziosa. 
Osserva la terra con le mani. Toccane i musi, i respiri.
Cammina nel crescere degli alberi. 
La foresta scuote nel vento il tuo mondo interiore. 
Esplora. Cavo di albero di castagno. 
Rami che sono grandi corna di stagioni dimenticate.
Diventa l'acqua che avvolge. Danza. Chi è con te?
Chi parla la tua vita?
Selvatico e domestico sono due forme di liberazione. 
Parentele. Lune che si avvicinano. 
Accogli il gatto, il cervo, la pantera che leccano le tue dita. 
Ogni casa è apertura. 
Un tempo la valle echeggiava di futuro e tornavano le infanzie. 

Mira di Rocco Lombardi



mercoledì 1 maggio 2024

Primavera e pioggia

 


In ritardo, mentre fuori maggio inizia piovoso, aggiorno il blog con le scritture e le pubblicazioni di questi ultimi mesi. 
Si inizia con la riedizione, rivista e completamente aggiornata, de Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell'epoca moderna, uscito per effequ con una copertina strepitosa! Ci sono anche le shopper... e presto vorrei fare il set di adesivi per il mio mercatino. 
Sono tornata a parlare di streghe e corpi e questo mi rende molto felice. Le streghe sono presenti anche nel racconto che ho dedicato all'Arcano della Luna nell'antologia sui tarocchi: Cloris, di cui esce domani il secondo volume. 


Il racconto non a caso si intitola "Stregoneria", ci sono tre streghe, figlia, madre, nonna e se a chi mi conosce questo suona familiare, beh, ha ragione. Progetto collettivo curato da Vargas per Pidgin edizioni, che mi mette insieme a una bella compagnia.
Streghe, magie e poesia - ho ripreso a scriverne dalla fine dell'anno scorso sia per il progetto di antologia Incantamenti, che ho curato per Vydia insieme a Cristina Babino e Laura Di Corcia, sia per mia necessità. 


Dentro Incantamenti ci sono venti voci di poete, tutte accomunate dall'atto incantatorio dello scrivere poesia. Pochi giorni fa è uscito il nuovo numero di K, la rivista de L'Inkiesta curata da Nadia Terranova. Il tema è il Potere. Nella sezione poesia a cura di Sara De Simone ci sono anche io, con altre poesie nuove e stregonesche, perché il potere a volte se ne va dall'umano, cerca altre ibridazioni, e perfino dal suo margine maledice, si affranca, distoglie lo sguardo saturo di un certo paesaggio. 

Sono come sempre in giro e ho trascorso quattro bei giorni fra Milano e Torino nel mese di aprile dove mi sono un po' riossigenata, parlando di femminismi, corpi, streghe, leggendo poesia sempre in splendida compagnia. 

Sto aggiornando le mie letture e i miei spostamenti molto più su instagram che qui, ma ogni tanto ritorno sull'orso. 

Domani riparto, a Bologna per la poesia. 

Intanto mi affido alle letture della sera con i gatti e la pioggia sui vetri. 





domenica 11 febbraio 2024

Passeggiata invernale

 


Oggi sono uscita per una breve paseggiata lungo il torrente, prima di rimettermi al lavoro. Le domeniche d'inverno sono una buona occasione per caminare nel quartiere: poca gente, poche auto, il silenzio dei luoghi condivisi. Speravo di incontrare il vecchio amico airone che frequenta il torrente Brana in quel tratto, ma l'acqua era gonfia e scura e non sembrava proprio il miglior momento per la sua caccia. Nemmeno la garzetta era in giro. C'è un gruppo di case che frequentavo da bambina, perché ci abitavano alcuni compagni delle elementari. Passo di qui e mi ricordo dei giochi lungo l'argine, un gruppo di bambine e un unico maschio che, ovviamente, aveva il ruolo del guastafeste - era quello che gettava il pallone Super Tele nell'acqua e poi doveva andare a riprenderlo con noi che urlavamo: "Attento ai ratti!", più sarcastiche che preoccupate. 



Attraverso per raggiungere il giardinetto dall'altra parte. Ci sono alcuni giochi apparsi negli ultimi anni e il vechio cerchio-labirinto di sempre. Capito spesso qui, di solito con la bici mentre torno dala stazione. Non c'è nessuno e raggiungo le panchine e il tavolo di pietra.
 

Ci siamo io e i cinguettii con cui gli uccelli si chiamano fra i rami. Penso alle molte passeggiate solitarie in cerca o ascolto di voci che provengono dal passato e riverberano in tutte le esistenze che non riesco a scorgere, ma si muovono attorno a me. L'umano non è l'unico personaggio nelle storie e nei paesaggi. E alcuni luoghi sono un conforto perché ci riportano esperienze e perfino oggetti che abbiamo conosciuto in altri momenti del nostro esserci. Questo ritornare alla nostra storia è una continua fonte di meraviglia, mentre si perde e si ricompone nell'altro. 


Ho con me un libro di Anne Carson, Decreazione, che avevo letto nell'originale, molti anni fa, e che ora grazie all'editore Utopia esiste anche in italiano, nela traduzione di Patrizia Ceccagnoli. Da questo stesso libro erano stati pubblicati alcuni testi poetici nella traduzione del poeta Gian Maria Annovi, QUI. Anne Carson mescola parola poetica e saggistica, le alterna sapientemente, costruendo una riflessione sulla scrittura che apre a molteplici linguaggi, mentre, almeno in questo libro, persegue uno sparire, un decrearsi - essere testimonianza di un'assenza come fosse il centro di ogni ricerca. 




Trovo e mi sento a casa:

Alla ricerca di cose sublimi, ho caminato sulle grandi colline di fango e di vento
dietro la città dove gli alberi insorgono secondo le loro leggi e 

si possono

osservare innumerevoli metodi per spostare il verde - 
sotto, sopra, intorno, di traverso,
su per la schiena, più in alto, a ventaglio, condensato, saccheggiato, 
con lo sguardo vuoto, come

misurando con i propri passi una 

cella, come una discarica di grandi oggetti, minutamente,
asorto, una foglia alla volta,
con la furia dell'oceano, striato di ortica, trascinandosi avanti,
non falciato, appena uscito dalle pozze

Mi rimetto in movimento e so già che arrivando nella strada dove abito, lo stesso quartiere dove sono cresciuta, incontrerò qualcuno ad attendermi.




Entriamo. La bici, i poster e, dietro la porta, Runa ci aspettano. 
Si fa sera.










martedì 30 gennaio 2024

Essere grata

 Grazie a un post instagram delle Edizioni Black Coffee, scopro ieri che il 24 gennaio è morto Navarre Scott Momaday, lo scrittore Kiowa che ha ispirato il nostro festival nella Valle delle Buri, Custodi della terra, svoltosi nell'ottobre scorso. 



Con Custode della terra, libro poetico di frammenti e visioni sul paesaggio americano, abbiamo lavorato insieme, varie persone dei paesi, scrivendo in poesia e prosa a partire dalle riflessioni e dai racconti di Momaday. Abbiamo condiviso l'essere parte di un luogo, perché ci siamo nati o perché lì ci siamo riconosciuti. 

La morte di Momaday risuona nel lungo momento in cui abito, dove il dolore, il lutto, la perdita fanno male eppure chiedono soprattutto di imparare la gratitudine. Dovremmo dire grazie alla morte, anche quando ci spezza, quando arriva inattesa. E' difficile, sembra un paradosso. Viviamo spaventati dalla morte o nella sua rimozione, cercando di stare lontano dall'ombra, dalla profondità, dalla piccolezza che troveremo in fondo al pozzo del nostro essere. Eppure la morte in sé non ha niente di orrendo. E' il ritmo che ci scandisce, è ciò che permette di esserci amati e continuare a farlo nelle forme invisibili, ma concrete, della memoria. 

la conclusione del festival

Non sono grata per la morte dei miei affetti, del babbo, di Momaday che ho sentito come un parente prossimo grazie al miracolo della scrittura, dove siamo sempre restituite a noi stesse, dove scopriamo cose che non sapevamo eppure erano parte di noi - erano noi. Sono al contrario ancora in lotta e dentro una tristezza solitaria, incomunicabile che ridisegna tutta la mia vita. Ma sono grata ai doni che mi hanno fatto coloro che amo quando erano vivi. Sono grata alla possibilità di abbracciarli ancora nel mio corpo, nella mia persona. Sono grata al vento, ai sogni che a volte li riportano qui.

Ho scelto questa poesia di Momaday, traducendola, un testo dove l'autore incontra un animale nel sogno, cosa che capita spesso anche a me, lasciandomi in una sorta di incantesimo che dura nel giorno.


The Snow Mare


In my dream, a blue mare loping,

Pewter on a porcelain field, away.

There are bursts of soft commotion

Where her hooves drive in the drifts,

And as dusk ebbs on the plane of night,

She shears the web of winter,

And on the far, blind side

She is no more. I behold nothing,

Wherein the mare dissolves in memory,

Beyond the burden of being.


***

 

La giumenta di neve

 

Nel mio sogno una giumenta azzurra galoppa,

peltro su un campo di porcellana, via.

Piccoli tumulti esplodono

dove i suoi zoccoli affondano nei cumuli,

e mentre il crepuscolo declina nella pianura della notte,

lei taglia la rete dell’inverno,

e laggiù sul lato cieco,

sparisce. Non vedo più niente,

dove la giumenta si dissolve in ricordo,

oltre il peso dell’essere. 


Nel pomeriggio, a casa, contemplo un po' delle cose che mi hanno accompagnato in questi ultimi giorni, metto su un disco, coccolo i gatti, prendo qualche appunto per il prossimo incontro di òikos, la rassegna a cadenza mensile che ospito a casa mia (e non solo) ogni mese. 

Raccolgo i libri di Andrea Cassini che danno voce al senso della fine in un viaggio fantastico, catartico, verso la soglia o le soglie molteplici del tempo e dello spazio, nella sapienza di ibridi, fantasmi, streghe. Oppure dimenticano l'umano, per concepire un bosco grande quanto un'impronta, dove si ascoltano i linguaggi di tassi, gatti, cervi, uccelli dorati, orsi e di lupi. Creature, persone, che non uccidono se non necessario, come se portassero senza vergogna e paura la consapevolezza istintiva di tutte le fragilità che ci tengono al mondo. 



Mi fa compagnia un nuovo Mio Mini Pony, regalo di Maria Gaia Belli, cara amica scrittrice, evocatrice di draghi,  che mi ha ospitato a Torino la settimana scorsa per una presentazione alla libreria Trouvaille - bottega del fantastico tenuta con cura e amore da Novella, la sua libraia. E protetta da un autentico samovar,  nel retro!


Sono grata per l'amicizia che nasce attraverso le storie, le terre immaginarie dove comprendiamo il nostro sopravvivere, incontrarci, ritornare. 

Sono grata per questi due qui sotto, nella foto, che sanno essere autentiche pesti, ma riscaldano la solitudine. Dall'orso polare e dalla fine di gennaio è tutto. Splendete, anche se quanto ci resta è un sogno azzurro che presto diventa nebbia e stupore, prima del risveglio. 



giovedì 28 dicembre 2023

Fine dell'anno. Un po' di cose

 


Siamo agli ultimi giorni di un anno difficile, pieno di conflitti, ottuso. Eppure perfino un anno per cui essere grata per ogni cosa che riesco a tenere nello sguardo un po' più a lungo, anche se viene nel dolore e nella paura. Dovremmo imparare la gratitudine per ciò che ci sconvolge. Non dirò che sia un'opportunità - ne faremmo e ne farei volentieri a meno, ma è così, ogni cosa brilla nella sua fine, nel suo ineluttabile decadere. Dire: sono grata perché la morte esiste, non significa essere lieta di accoglierla, ma non voltarsi davanti a tutto il suo portato di sensi di colpa, smarrimento, tristezza per coloro che restano. Se non riesco a fare spazio per questo non posso amare e non c'è altro che valga di essere appreso come l'amore. Si apprende con una resa, perché non ha niente di vittorioso in sé. 

Ho copiato e appeso fuori dal mio cancello questa poesia sotto le luci di Natale, scritta da un autore palestinese ucciso il 7 dicembre nella guerra orribile che sta massacrando la gente di Gaza.


Se dovessi morire,

tu devi vivere

per raccontare

la mia storia

per vendere le mie cose

per comprare un po’ di carta

e qualche filo,

per farne un aquilone

(fallo bianco con una lunga coda)

cosicché un bambino,

da qualche parte a Gaza,

guardando il cielo

negli occhi

in attesa di suo padre che

se ne andò in una fiamma

senza dare l’addio a nessuno

nemmeno alla sua stessa carne

nemmeno a sé stesso

veda l’aquilone, il mio

aquilone che tu hai fatto,

volare là sopra

e pensi per un momento

che un angelo sia lì

a riportare amore.

Se dovessi morire,

fa che porti speranza

fa che sia una storia

 

Refaat Alareer, poeta, professore di letteratura

23 settembre 1979, Shejaiya –7 dicembre 2023, Striscia di Gaza


Non è molto. Ma è qualcosa. Tenere viva la testimonianza, la poesia, perché nelle storie ci avviciniamo, azzeriamo spazio e distanza.



Sono stata nel bosco per la vigilia di Natale e sento il bisogno di tornarci, cosa che avverrà molto presto. Ho bisogno di quel silenzio, della foschia che viene con la sera, del perdermi guardando in alto tra i rami nudi. Intanto in questi giorni ho finalmente abitato di nuovo un altro tipo di "bosco", quello da dove affiorano le voci della mia poesia che mi permettono di scrivere. Tornare a scrivere è la mia forma più autentica di magia ed è bello farlo mentre nella stanza accanto i miei compagni di vita e di avventura si proteggono l'un l'altra.



Chiudo questo semplice post con alcune segnalazioni.

Su L'indiscreto sono usciti i consigli di lettura invernali, fra cui i miei che riguardano tre opere scritte da donne, poesia, saggio, romanzo. Si possono leggere qui:


https://www.indiscreto.org/i-consigli-di-lettura-per-natale-del-2023/


La poetessa e amica Laura Di Corcia racconta della magia delle candele in questo prezioso podcast della radio svizzera, ve lo segnalo, mentre abbassate le luci elettriche e lasciate brillare la fiamma:


https://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/alphaville-le-serie/Come-un-omino-di-Pan-di-zenzero-4.10--2023411.html


E infine una playlist di canzoni ascoltate molto di frequente in questo periodo, qui:


https://open.spotify.com/playlist/35S2MNsBpbzBHN8VzHSl3k?si=8c546f2c74fb41fb


Buon ritorno della luce a tutte e tutti e che sia forte e duraturo.


sabato 23 dicembre 2023

Vecchie poesie

Baba Jaga di Rima Staines
 

Ogni tanto riappaiono dal computer vecchie poesie, magari le prime a essere state antologizzate, come quelle che seguono. Era il 2001, ed entravo nell'antologia Nodo Sottile 2, un progetto a cura dell'Archivio Giovani Artisti di Firenze, grazie al quale ho potuto cominciare un vero e proprio confronto con il mondo della poesia e con coloro che, come me, ne scrivevano e ne leggevano.

Non tutti hanno proseguito, ma certo in quel gruppo di persone ho trovato alcuni degli amici, poeti, scrittori più cari negli anni e nella Firenze che tanto mi ha aiutato al principio, come Marco Simonelli, poeta con cui abbiamo passato notti insonni a leggere testi di chiunque, da poeti noti a compagni temporanei di viaggio, e Tommaso Lisa, che dalla poesia si è spostato a una saggistica ibrida ed entomologica.


Allora entrai nell'antologia, curata da Vittorio Biagini e Andrea Sirotti, con una supervisione di Daniele Ciullini, colui che letteralmente era l'Archivio, con testi che ora sento come un preludio, piccoli semi di quanto avrei scritto. Contemporaneamente frequentavo l'ambiente della bellissima rivista di poesia comparata Semicerchio, dove nel 2004 fu pubblicato questo mio Trittico dell'acqua, le cui figure femminili oscillano fra il mito, il fiabesco e la realtà.

Ecco i testi del Nodo.


Il Bardo Chenoncè

 

È tutta un’invenzione –

la fata il calderone e l’asino che vola,

l’ombra che se ne va per conto suo a vendere cerini a un nano,

lo gnomo la piscialletto e il bacio del mattino,

la sabbia dentro gli occhi e il buon sabbiolino,

la casa dentro a un fiore, il palazzo in una quercia e l’elfo

portinaio orecchieapunta,

il basilisco, il gremlin, dioniso and the devil – il satiro e la ninfa,

la morrigan e morgana,

vecchio coyote che sparge tutte le stelle in cielo,

ymir fatto a pezzi, pan e pollicino,

la tigre sull’armadio, la strega ed il tricorno,

pegaso grifone drago ed unicorno,

il buco dentro al cielo per guardare la terra,

briciole di francesco ai passerotti, iside cibele l’imperatore,

il jugglernout, atlantide ed il gatto mammone,

la mandragola, l’alchimista, ganesh e le braccia di

kali, l’osso di lepre, la chiave in fondo al lago, buettino e l’orco,

la grotta del vento –

                                 anch’io del resto m’invento –

                                                          non esisto




SOTTOSUOLO

 

La ragazza ha occhi color delle vene.

Due lividi rancorosi le gracchiano in viso.

Piega gambe e braccia come stecche d’ombrello.

La ragazza si tiene con spilli e piume di colla.

Fuori spiove dal tetto. Uccelli cadono.

Ricorda come arrugginiva l’aria la carta inchiostrata sui muri a strappi

ratti scodati le unghie sporche sulle corde fuggenti arpeggi monete gocce

tac-tac di passi cosce      le ore inghiottite    

la folla elettrica.

Tossici sulle piastrelle unte le cacciavano un cactus in gola

Una mano accucciata ossessiva sbiadiva

tra gomma di scarpe e bucce di mela.

I vecchi maleodoranti parlavano soli –

lingue flosce penzolavano al fondo

la pelle ispessita dall’ombra.

Un organismo umido di scale e raccordi.

Curve formicolanti trecce di musica   - la musica la isolava da tutto – 

banchine corpi distributori sentore di mondo putrefatto.

I treni sgusciavano in buchi e caverne - nel vetro netto il riflesso nero

l’albume compatto del neon – Lei sedeva definita in oggetti il biglietto la borsa

il respiro rauco del ferro all’esterno Si negava solida all’aprirsi dei bocci.

Più sotto la consistenza dell’acqua.

 

Il futuro è una rosa di ragni.

 


***

 

Una pioggia di gesso scolora le porte

a scrosci tralicci solleva melma

a ricci picchietta sull’occhio e la testa

la mia testa pendente lastra annerente

di cera e metallo un enigma rotondo

- il viso dietro al viso che non scorgo – 

la mia testa di terra

mani piedi membra stomaco seno pube

aria dura in frantumi di terra

la testa molle mulinella affastella

disarmonico suono di gente

memoria di foglia

 

Mi sveglio a uno sciame di sogni

La baba-jaga gamba secca

sgranocchia e crocchia nella casetta

Sputa l’uomo nocciolo

pianta il bimbo seme

il bimbo albero il bimbo bosco

e cresce cresce scricchia frinisce

 

di rami un’orda nel cervello spento

mentre addento fiotti di gas

 


***

 

La vita è umida

i topi nel rigagnolo mestano la saliva di Crono

La vita è umida compressa in un occhio

dal cappotto frusto una pietra

per urtare il fondo

La vita è mossa salina

                                   gronda

da zoccolo di mezzanotte

come l’oceano affossa i suoi mostri

Nella parete delle labbra aderente

spande gli umori 

                           liscia dura

Scandita in onde interrotte s’incrosta lenta

uscendo come Giona dai miasmi della bestia

La vita è umida     goccia

   e non voletemene se oggi

     rifluirò millenario nel petto cavo

sarò Dio anch’io

        andandomene

                              dal buco ossidato della vasca

 


lunedì 18 dicembre 2023

Sole invernale


Come spesso accade con la fine dell'anno mi torna il desiderio di scrivere sull'Orso polare, questo ripostiglio che di frequente lascio a se stesso, scrivendo altrove o sul diario cartaceo, che è ancora il migliore degli strumenti per un certo tipo di lavoro privato. 

Scrivere sul diario è a volte una forma di protezione - non importa nemmeno molto cosa ci raccolgo, può essere una frase, qualcosa di copiato, una citazione, o perfino un adesivo che mi ricorda un certo momento - mi aiuta a sentirmi presente e non presa dalla fretta del contemporaneo, là fuori. 


Stamani c'era un bel sole e sono salita al bosco, in un posto speciale che frequento da molti mesi e che sta prendendo sempre di più la forma di rifugio fra gli alberi e le cose che vi vengono raccolte.

Forse per sanare le ferite di una vita alcuni di noi raccolgono gli oggetti che altri gettano o dimenticano, danno loro una nuova esistenza, li ascoltano. Questo ascolto ha la durata e il mutamento di tutto un soffrire oppure di tutto un meravigliarsi. 

Le uniche due lezioni che in questo nostro essere non smettiamo mai di apprendere. La sofferenza. Lo stupore. L'una nell'altro, senza soluzione. Il pettirosso che ora sta cantando nascosto fra i cerri e i ciliegi, domani potrebbe finire preda di un rapace. La ghiandaia il cui verso irrompe in una risata beffarda - perché così lo percepisce l'orecchio umano - domani potrebbe tacere. E così noi. 


Scelgo tre carte dall'oracolo Folktails di Hannah Willow. Tasso, Lepre, Orsa. Fiaba, Intuizione, Coraggio. Riprendere il filo della mia storia, dove i pezzi delle tante vite che attraverso, che mi hanno sostenuto e lasciato andare, compongono il canto che mi pone nel mondo. Non sempre le sue note sono liete, ma con ostinazione mi tengono qui. Cerco di affinare i sensi, oltre ciò che è immediatamente riconoscibile. E infine torno al vecchio coraggio, il sentimento che consideravo più importante da bambina. Rifletto sulla scrittura che dovrò riprendere a breve, uscendo dalle pagine meramente biografiche, dal resoconto dei sogni dove incontro mio padre e cerco il tempo che ancora non mi sono data per questo lutto.


Mentre sono fra gli alberi mi ricordo del breve pezzo sulla meraviglia e Rachel Carson, scritto qualche mese fa per L'eco del nulla. Si può leggere qui. Davvero dopo il dolore può riemergere il meraviglioso, l'incontro? Ne ho già fatto esperienza eppure ora mi dico che ciò con cui devo confrontarmi è la semplice assenza, qualcosa, qualcuno che non ha più e non è più il suo corpo. La materialità dell'amore anche quando l'altro sparisce. Cosa diventa, cosa diventiamo? Cosa diventano i morti in noi? Perché lo stesso sentiero non è seguito da tutti. Sto dentro queste domande  irrisolvibili. 


Intanto sono usciti due miei scritti che ritengo molto vicini nella loro diversità. L'indiscreto ha pubblicato qualche giorno fa questa lunga riflessione sull'abito, il patriarcato, l'idea di spazio - e corpo - libero, che si può leggere qui.

Mentre nell'edizione speciale di fine anno della newsletter Braccia Rubate, dal titolo: Atlante dei nostri sentieri, è uscito questo pezzo sul Sasso del Lupo e i racconti del babbo sul bosco più antico che io conosco. Si trova per intero qui.

Tra poco è il solstizio d'inverno, periodo in cui comincia la fiaba di Tundra e Peive e quindi sono contenta sia uscito questo bel saggio sul libro proprio recentemente. Lo ha scritto Irene Cecchini per La Balena Bianca. Giulia Oglialoro invece mette il libro fra i consigli di lettura per il 2023 su Poetarum Silva, qui.


Rientro a casa nel pomeriggio e viene presto buio. Cerco conforto nelle anime natalizie che riemergono per abitare con me fino a gennaio - le decorazioni sull'albero e quelle sparse un po' ovunque. Simboli che ogni anno si caricano della magia della fine, mi ricordano che nonostante tutto sono ancora in dialogo con la mia memoria, una fonte di consolazione e incantamento, una possibilità di spezzare la routine, la fretta, lo scandirsi del quotidiano, per riprendere il filo, la trama del vivere autentico e segreto.

La notte si allunga, la solitudine che porta non fa paura. Apro la porta della cucina sull'orto denudato, a riposo nella luce dei lampioni. E' ora di richiamare i gatti. Accolgo il freddo come una benedizione.

lunedì 30 ottobre 2023

Orsi letterari


Sono trascorse settimane dall'uscita di questo mio articolo sugli orsi nella letteratura contemporanea, un pezzo senz'altro non esaustivo, ma nel frattempo sono accadute nella mia vita moltissime cose che ancora fatico a tenere insieme: la perdita di mio padre, l'organizzazione e la realizzazione di un progetto di comunità nella Valle delle Buri dove ho vissuto a lungo, con il Festival Custodi della Terra, esperienza basata esclusivamente sul volontariato di tutti noi, e altre di minore rilevanza.
Tuttavia è un pezzo a cui tengo molto e dove ho condensato alcune riflessioni su letture che vengo facendo da anni. 
Eccolo qui:

martedì 4 luglio 2023

Essere bambini/fare figli e un bell'articolo su Tundra e Peive (+ oche)

 



Comincio con le oche selvatiche, e questa foto scattata domenica al Centro Faunistico di Galceti, dove sono andata in visita con mia madre per un incontro con le volontarie dell'associazione Habitus che si occupa di recupero fauna e animali in genere.

Seguendo le oche e chi ha volato con loro recupero un articolo molto bello scritto da Caterina Orsenigo per Domani, dove ci sono la collana Terra di nottetempo e Tundra e Peive definita fiaba queer ed ecologista, come di fatto è!
Eccolo qui.

Sull'Indiscreto è uscito, in data 23 giugno, un mio articolo a cui tengo molto - parto dalla poetica, dalla letteratura e dalla biografia per scrivere di bambini, di infanzie e del fatto che non sempre è necessario essere genitori biologici, che la cosa non è in sé né un bene né un dovere.
Si può leggere qui.

Chiudo con un sentiero nel bosco, in un luogo in divenire che mi dà molta pace (e dove ieri ho iniziato a leggere quel libro).










mercoledì 14 giugno 2023

Tundra e Peive: Intervista + Recensione. E qualche nota sulla MELMA

 Al volo! 


Prima di tutto un pezzo che mi è caro anche per questioni biografiche, scritto da Daniela Belliti e ospitato da Petit Plaisance Blog, QUI.

Segnalo una bellissima intervista che mi ha fatto Beatrice La Tella per Marvin Rivista.

Si può leggere QUI.

E poi una recensione a cui tengo molto, che spazia da Tundra e Peive fino a La collina dei conigli di Adams e Credere allo spirito selvaggio della Martin, firmata da Diletta Crudeli per Altri Animali: QUI.

A fine maggio è uscito su L'Indiscreto un mio pezzo sulla MELMA, dedicato principalmente a un densissimo saggio di Susanne Wedlich, Vischioso. Storia naturale dello slime, uscito per nottetempo nella collana terra. Si trova QUI.

Edoardo Camurri ne ha letto ampi stralci per Radio 3, QUI.